Mio fratello si sveglia nella stanza sul retro poco prima dell’alba e sente i rami picchiettare contro la finestra del piano di sopra. Fine estate del ’45 ed tornato a casa da una guerra. Aspetta che la luce allaghi la stanza quando si alza un grido, la mia voce in sogno. Più tardi insieme scorrazzeremo per i campi al limitare della città mentre l’erba ci fischia intorno. Non mi chiederà se fosse mio il grido che ha sentito; invece mi seguirà nelle boscaglie ombrose dove vado sera dopo sera a conversare con radici ritorte e rampicanti. Altri vengono in coppia in inverno a respirare il cielo gelato, in primavera per gli aromi della terra, ragazzi e ragazze in cerca di se stessi. Mostro a mio fratello un fitto nido di uova infrante, la tana appena scavata dal topo di campagna. L’oscurità comincia a raccogliersi tra i rami, i venti si levano fino a che i boschi piangono la fine del giorno. Ci dirigiamo verso casa parlando di progetti per l’anno a venire. È ancora estate anche se le stagioni ci soffiano intorno – pioggia e nevischio in agguato nell’aria grigia che respiriamo – il futuro che viene verso di noi nell’ombra nera dell’olmo, due fratelli – quasi un unico uomo – tenuti insieme da ciò che non possono condividere.
[Philip Levine, traduzione Giuseppe Strazzeri, Notizie del mondo, Mondadori 2015, pag. 67, 69]
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