giovedì 24 settembre 2015

una prole testarda

Talvolta
quando scrivo in curdunnese
lingua del paese in cui io sono
lingua un po’ di padre un po’ di madre
(allevati in campagna con accenti diversi
e a nozze accasati nel centro)
talvolta se scrivo mi sento un profugo in patria
che cerca d’esprimere mondi
limitato nel gergo nei modi
dalla sua povertà d’espressione
costretto da politica e scuole
all’autoepurazione dal dialetto
dalla sua storia non statale
ma orgogliosamente laterale mi costa
ogni parola
trovarla nel buio una fatica di madre
che concepisca una prole testarda
scontrosa e gracile al peso
ma tenacemente attaccata alla vita.

1 commento:

marian. ha detto...

il nostro dialetto è denso di str, scq, suoni scontrosi e gracili quando non sorretti dalle vocali (pensa ai participi passati di bruciato o rinffrescato, ripreso o ai nomi pagliaio o moglie... e quante parole che si traducono con le stesse desinenze), ma seppur si tratta di terra pietrosa, sa rivelarsi molto feconda. Il dialetto è lingua di pancia, emozione pura.
Bellissima composizione. E' vero c'è stato un momento storico in cui il dialetto era materia bandita, ma i carboni sono rimasti accesi sotto la cenere.