Talvolta
quando scrivo in curdunnese
lingua del paese in cui io sono
lingua un po’ di padre un po’ di madre
(allevati in campagna con accenti diversi
e a nozze accasati nel centro)
talvolta se scrivo mi sento un profugo in patria
che cerca d’esprimere mondi
limitato nel gergo nei modi
dalla sua povertà d’espressione
costretto da politica e scuole
all’autoepurazione dal dialetto
dalla sua storia non statale
ma orgogliosamente laterale mi costa
ogni parola
trovarla nel buio una fatica di madre
che concepisca una prole testarda
scontrosa e gracile al peso
ma tenacemente attaccata alla vita.
1 commento:
il nostro dialetto è denso di str, scq, suoni scontrosi e gracili quando non sorretti dalle vocali (pensa ai participi passati di bruciato o rinffrescato, ripreso o ai nomi pagliaio o moglie... e quante parole che si traducono con le stesse desinenze), ma seppur si tratta di terra pietrosa, sa rivelarsi molto feconda. Il dialetto è lingua di pancia, emozione pura.
Bellissima composizione. E' vero c'è stato un momento storico in cui il dialetto era materia bandita, ma i carboni sono rimasti accesi sotto la cenere.
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