martedì 10 novembre 2015

#sfamaunoscrittore

Oggi ha suonato a casa mia un tizio, scuro di pelle, con gli occhiali, che mi ha detto di avere un sogno nel cassetto: vendere il suo libro porta a porta a quanta più gente possibile per dare una speranza al suo futuro da romanziere, e provare anche a rendere il mondo un posto migliore promuovendo un po’ di sana lettura, fuori dai freddi schemi del mercato. Così, si è inventato una campagna porta a porta chiamata Sfama uno scrittore. Uno solo però, che con quello che ti serve per sfamarli tutti, ci paghi i debiti di uno stato dell’Africa. Devo dire che, sulle prime, con tutto sto discorso sul rendere il mondo un posto migliore l'ho guardato con sospetto. Mi sono detto: «Sarà uno che vuole propinarmi qualche opuscolo religioso, o magari una nuova offerta sul risparmio elettrico». Così, l'ho tenuto dall'altra parte del cancello chiedendogli: «Scusi, ma lei ce l'ha o no il tesserino?» Quello dall’altra parte mi dice, pieno di entusiasmo: «Ma no, si fidi, si fidi, non mi serve il tesserino. Voglio solo parlarle del mio libro. Le racconto la trama…» A quel punto, a forza di vederlo sorridere, ho creduto che magari era solo un povero tossico disoccupato che cercava di propinarmi qualche vecchio volume rubato al mercatino dell’usato, in cambio di pochi spicci per farsi una dose. Gli ho gridato: «No guarda, amico mio, ti do anche una mano, ti regalo una briosce sei hai fame, ma la droga da me non te la paghi. Sono contrario a queste cose». Quello, imperterrito, con innocenza o faccia tosta, non so, continuava a ripetermi che lui era diverso, che voleva solo propormi il suo libro. Così, illuminato, a me è venuto da pensare che magari è uno di quei poverini che si stampano un libro coi propri soldi e poi cercano di venderlo in giro per rifarsi le spese, ma soprattutto per dire che esistono anche loro. Io, che sono sensibile a queste cose, mi sono pure commosso. Gli ho detto: «Senti, ma guarda che alla fine io e te ci assomigliamo. Anche io, vedi, mi pubblico i libri, per darmi un po’ di spazio nella vita. Senti, facciamo una cosa. Non ho spicci con me, così non ti posso dare soldi, che mi pare anche squallido fra scrittori. Ma se ti va facciamo uno scambio. Tu mi dai il tuo romanzo e io in cambio ti do la mia raccolta di poesie, mi sembra più bello. Che me pensi?» Quello allora comincia a guardarmi male, come se fossi io il pazzo dei due, e mi grida: «Ma secondo te, io, il mio libro, come me lo pago, con le tue poesie? Che la poesia si mangia, adesso? Su, cerca di essere serio. Se vuoi darmi una mano me la dai, altrimenti lascia perdere. Eccheccazzo, è mezzora che parlo, non hai capito niente, mi pari scemo...» A quel punto, ferito nell’orgoglio, gli ho chiuso la porta in faccia. Proprio come faccio coi venditori di aspirapolvere. Più tardi, per caso, l'ho rivisto in questo video, mentre si promuove il libro. Non ci credo. È finito sui giornali. C’ha più spazio lui che il tipo che è evaso l’altro giorno dall'ospedale come in un film con Al Pacino. Pensa che succedeva, mi sono detto, se invece dei libri ti vendeva i robot da cucina! 

1 commento:

amanda ha detto...

:D pare una storia uscita da un tuo sogno