Avere il mondo sotto gli occhi e non poterlo stringere. Ogni giorno che passa sotto il suo balcone, si sorprende a sollevare gli occhi – né può farne a meno – per fissare la sua biancheria stesa ad asciugare. Si vergogna un po’ dei suoi impulsi e se non sa dimenticarla, e del piacere che prova a riscoprire fra le altre le mutandine di pizzo che le ha regalato mesi prima. Gli sale un groppo in gola di rimpianto, e l’ansia di averle perdute per sempre, di non avere più il diritto di allungare la mano e prenderle, nonostante appaiano così vicine, pochi metri sopra di lui. È il turbamento di un attimo, poi tira dritto per non farsi notare dai vicini. Ma a certe ore del giorno, quando non c’è nessun altro in giro, senza quasi più pudore dà sfogo al desiderio. Si piazza sotto l’ombra leggera che appare una ragnatela invitante, fino a farsi sfiorare il capo e aspetta lì, chiudendo gli occhi nell’attesa, fino a sentirsele sgocciolare in fronte. Quando la prima goccia lo colpisce, lo pervade nella carne un brivido, come un neonato che venga battezzato dal suo ritorno. E assapora il suo lento scivolare sul volto, negli occhi, sul collo, che gli ricorda la carezza gentile del suo dito quando ancora lo cercava.
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