La bellezza trova sempre strade impreviste per raggiungerti. Nel mare di libri ben scritti ma fondamentalmente noiosi che mi capitano di continuo sottomano, oggi mi ha offerto una pura boccata d’aria una raccolta di articoli di economia e commercio scritti nel Portogallo della fine degli anni ‘20 che, fra capitoli assai tecnici e/o datati (ad es. Capitolo III - La quotazione C.I.F. include le spese per la fattura consolare?), delizia per alcuni passaggi o note di sapore quasi zen nella parsimonia della lingua e nella chiarezza del pensiero, che distilla saggezza universale dalle buone pratiche nel commercio e viceversa. Cito a caso dal novello Kenkō: «A nessun commerciante piace avere, seppure momentaneamente, l’impressione che sia l’avvocato del corrispondente a scrivergli. La precisione commerciale deve avere sempre un tono casuale e spensierato – quello della conversazione di un uomo intelligente» o ancora: «È del peggiore gusto e del peggiore effetto che un capoufficio si scusi con “un errore di un impiegato”. Non vi sono errori di impiegati. Ogni errore di un impiegato è solo l’errore di avere impiegati che commettono errori»; «Nessuna lettere deve rimanere senza risposta per più di 5 giorni […] O la lettera non ha risposta e non si risponde; o ha risposta e si risponde d’immediato; o non può avere risposta d’immediato e allora si scrive dicendolo. Avere fama di essere rispettoso e cortese vale più di un francobollo. È una pubblicità a basso costo» e, sempre in materia di corrispondenza commerciale: «meglio la chiarezza che la brevità; meglio molti paragrafi che pochi; meglio rispondere in fretta, pur dicendo solo parte, che ritardare la risposta per dire tutto». Autore della raccolta, pubblicata in Italia da dell'Urogallo e credo ormai fuori commercio, Fernando Pessoa (nella traduzione di Brunello De Cusatis).
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