Ieri sera ho visto Bronte, film del 1972 di Florestano Vancini basato su una novella di Verga (Libertà). Nel film, molto bello e molto duro, si ricostruisce un fatto storico vero: la rivolta di un paese, infuocato dall’arrivo di Garibaldi in Sicilia, contro i propri padroni terrieri, e come tale rivolta viene repressa nel sangue dagli stessi garibaldini che nel frattempo si erano accordati coi vecchi padroni per prendersi “pacificamente” il potere. Negli ultimi anni alcune frange della storiografia hanno molto ridimensionato la figura di Garibaldi che ancora quando ero bambino io passava sui libri di storia come un eroe rivoluzionario. A leggere alcuni testi su di lui, Garibaldi è descritto quasi con gli stessi toni con cui in molti oggi parlano di Zelensky: un bandito, un massone, una macchietta, un uomo fatuo ma di gran fascino, bravissimo a infervorare gli animi in battaglia ma senza veri ideali politici o libertari (era convinto che la forma di governo più alta fosse la dittatura), guidato dalla vanità e dall’istinto, mosso dall’odio per la Chiesa, ma al soldo della potenza imperiale dell’epoca, l’Inghilterra che lo proteggeva e di cui era una marionetta. Il resto è stata propaganda risorgimentale costruita ad arte attraverso cui ha portato, almeno nel Sud, quello che sappiamo: un nuovo re al posto del vecchio (e una casa reale ancora più incapace visto che nel giro di cinquant’anni ci infilarono in due guerre mondiali e passarono il potere in mano al fascismo), ancora più povertà e tasse, repressione e regressione, più ingiustizie sociali, razzismo, l’odiata leva obbligatoria, l’emigrazione e la formazione, attraverso il brigantaggio, della Mafia. Leggere questi testi e pensare che in ogni paese d’Italia c’è una piazza o una statua dedicata a Garibaldi fa un po’ specie. Ma magari mi sbaglio io, si sbagliano quegli storici, l’unità d’Italia non fu la semplice guerra di conquista che mi immagino e Garibaldi fu migliore di così. Però, dopo aver visto Bronte, non riesco a fare a meno di pensare che gli Ucraini – ma si potrebbe dire anche Afghani, o scegliete voi il nome preferito fra i tanti – sono un po’ come i Siciliani dell’epoca, i quali non volevano essere sabaudi almeno quanto non volevano essere borbonici, volevano semplicemente essere liberi, essere se stessi ed essere padroni della loro terra. Invece non ebbero libertà di essere niente, perché dovevano per forza essere di qualcuno, che sceglieva e si accordava per loro in nome di interessi più alti. Non avevano scelta e anche quando scelsero da sé, di ribellarsi, i primi ad abbandonarli e reprimerli nel fuoco furono proprio coloro che li avevano animati coi propri ideali, e così furono traditi due volte.
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