Da quando hanno eletto la Meloni – che come mi ricordavano oggi in banca ha la mia stessa età con uno scarto di 10 giorni – mi sono messo a rileggere Il partigiano Johnny, chissà perché. Scrittura tostissima ma molto creativa, dialoghi bellissimi, squarci di ironia dirompente. Come quando (cap. 6) i partigiani, che sono cenciosi e banditeschi nell’aspetto, armati di fucile ma con la scabbia addosso, suscitando ammirazione e ribrezzo insieme, scendono a valle a requisire il cibo ai contadini. I quali provano a patteggiare perché se gli portano via tutto poi i tedeschi li accusano di collaborazionismo e quindi li puniscono. I contadini dicono loro: vi prego portateci via metà della roba, così l’altra metà la portano via i tedeschi e noi salviamo la pelle. I partigiani non ci stanno a dividersi la roba dei contadini coi tedeschi e si portano via tutto. Ma sono migliori dei tedeschi e quindi sono onesti: portando via un vitello per mangiarselo, al contadino lasciano un buono di requisizione, un pezzo di carta firmato in cui dicono che gli hanno preso un vitello. Dopo la guerra, quando avremo vinto, tu vai pure al primo comando che trovi, mostragli questo foglio e quelli in cambio del vitello ti daranno dei soldi. Perché noi partigiani siamo onesti. Il contadino li guarda così cenciosi e banditeschi, armati di fucile ma con la scabbia addosso, non gli crede e risponde a tono: questo pezzo di carta per me non vale nulla, mi ci pulisco il… Allora i partigiani lo afferrano, lo picchiano, e si portano via il vitello senza lasciargli nemmeno il buono. E Johnny, disgustato dal comportamento dei suoi stessi compagni si chiede: Era la lenta, forcipata nascita della coscienza fiscale in Italia?
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