martedì 4 febbraio 2025

maritmie

Mi segnalano l’uscita della raccolta di poesie di una signora. Questa raccolta si intitola MARITMIE, proprio come quella di Giovanni Laera pubblicata con Marco Saya due anni fa. I più curiosi possono cercarla in rete: è vero che è una coincidenza particolare, ma non sappiamo e non possiamo dire se ci sia stato un calco, anche indiretto, o sia il frutto di un caso. Per quanto mi riguarda, il dato più interessante è questo: il libro, 104 pagine, pubblicato con Youcanprint (marchio con cui oggi ci si può candidare anche allo Strega Poesia), viene venduto sul mercato al prezzo di 37,50 euro. Come mai, si chiederà il lettore meno avveduto, costa così tanto? Per il semplice motivo che piattaforme come questa e altre simili, non sono democratiche oasi di libertà autorale come qualcuno vorrebbe farle passare, ma piuttosto macchine mungitrici create apposta per spennare gli autori più ingenui o meno preparati, attraverso servizi a pagamento che offrono loro. Non hai nessuno che ti fa l’editing? Te lo facciamo noi! Nessuno che ti fa l’impaginazione? Ma ci siamo noi! Chi ti disegna la copertina? Se vuoi il nostro team grafico è a tua disposizione! Tutto accuratamente fatturato con iva al 22%. Così accumulando questi ai mai dimenticati costi di stampa (la carta!) e distribuzione (su tutti i canali online con le debite percentuali di sconto, che vanno dal 35 al 60% del prezzo di copertina!) un libro autoprodotto può arrivare a costare all’autore fino a 20-25 euro al pezzo. Come fai a non rivenderlo a 37 euro a quel punto? Devi, per rifarti almeno di una parte delle spese! Ecco, questo è il capitalismo più puro applicato all’editoria, dove il sogno di pubblicare viene smontato e rivenduto pezzo per pezzo alla catena di montaggio, dove l’acquirente finale rimane unicamente l’autore. Perché, a quel prezzo, quanti compreranno il libro? E chi lo leggerà? Che differenza passa allora fra un editore fraudolento che ti spenna e una piattaforma legale che ti spenna? E scrivo questo non perché sono contrario all’autopubblicazione, ma perché credo che serva a tutti maggiore consapevolezza di cos’è il male dell’editoria. Aggiungo, per tornare alla signora di cui non so nulla, che un editore serio dopo una breve ricerca le avrebbe detto che forse non era il caso di usare come titolo qualcosa di così connotato con l’opera di un altro: non è etico, né elegante, e nemmeno troppo furbo. Ma nel mercato del selfpublishing, vera terra della cuccagna di chi non sa, nessuno ti può impedire nulla perché tutto è lecito se paghi il giusto.

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