giovedì 6 febbraio 2025

chi li leggerà?

Uno fa il meccanico, mi manda delle poesie lunghissime sull’officina in cui si perde fra i bulloni e le chiavi come Chaplin nella catena di montaggio. Un altro lavora la terra, mi manda delle poesie d’amore dedicate ai pompelmi che gonfiano il petto e guardano fiduciosi al futuro. Una ragazza studia medicina e scrive poesie per dirmi che di fronte al dolore degli altri si sente vulnerabile e sola, ma si chiede con ansia quando si formerà quella corazza professionale che la distaccherà da loro. Un altro, disoccupato, vola alto e mi manda un poema ucronico sulla fine del mondo dove mi mette in mezzo “l’editore Lillo ha detto” nemmeno fossi un personaggio da operetta buffa. Nessuno di loro ha più di trent’anni, tre non hanno proseguito gli studi, nessuno frequenta circoli letterari o combriccole da poeti estinti. Eppure scrivono, più o meno bene, prima o dopo il lavoro, hanno idee strambe e stimolanti. Mi chiedo sempre chi li legge, a parte me, e cosa ne pensa, e chi li leggerà se verranno pubblicati. I dati di mercato ci dicono nessuno, o quasi. Queste storie di giovinezza artistica entusiasmano tutti, poi però si deve mettere mano al portafogli e lì cominciano i problemi. Eppure, aggiungo, quanto ci fa bene sapere che da qualche parte ci sono nascoste delle persone così, fuori dagli schemi, che ci apparecchiano così grandi entusiasmi in virtù dei loro sogni in versi. Se la poesia è viva, oggi, lo dobbiamo anche un po’ a loro.

Nessun commento: