C’è un proverbio tedesco che dice: “La Schadenfreude è la gioia più bella, perché viene dal cuore”. La Schadenfreude, ovvero la gioia sottile, sadica e profondamente egoistica che proviamo per il dolore altrui e che scaturisce dall’odio e dalla disistima di noi stessi. Tanto più ci odiamo, tanto più godiamo nel vedere il male riversarsi sugli altri intorno a noi. Non ho mai visto così tanta Schadenfreude come in questi anni, sui social, in questo periodo storico dove il “nemico” coincide con la nostra stessa immagine, gli “altri” del cui dolore ci beiamo siamo noi stessi, ovvero il nostro “prossimo”, la nostra stessa società coi suoi vantaggi, che accogliamo in pieno, e i suoi valori, che tendiamo invece a mettere in dubbio, rinnegare, rifiutandoci di partecipare attivamente a un miglioramento collettivo, ma anzi rimproverando, insultando, godendo di ogni sconfitta che inevitabilmente, come nel domino, si riverserà sopra di noi per interposta persona. Fieri soltanto del nostro vittimismo. Vi è sottintesa, come mi diceva ieri Davide Castiglione, una profonda pulsione di morte in tutto questo. Quello a cui più ambiamo non è una giustizia e una verità universale, ma un suicidio di massa che, nella nostra ansia di punizione, appiani il nostro senso di colpa e di inadeguatezza, anche a scapito degli altri di cui, nei fatti, ci importa poco o nulla.
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