Nel sogno sto in cattedra, o forse è un banco di scuola, in una sorta di aula universitaria o piccolo teatro, e scrivo. La gente sta seduta intorno a me sulle tribune e mi guarda come se assistesse allo spettacolo di me che scrivo. Osservo i riccioli rossi di un ragazzo in seconda fila che ondeggiano vivacemente mentre fa dondolare il capo al ritmo della mia penna che traccia segni sulla carta. Non è musica, ma silenzio, quello che produco. Osservo i volti in seconda fila, e quelli ancora più in alto in gradinata, che mi guardano attenti e respirano piano, aspettano che riempia il foglio, che arrivi in fondo alla pagina e la giri, accumulando le pagine in un manoscritto che cresce alla mia destra. Trattengono l’applauso che vorrebbero farmi, in attesa che metta fine alla mia storia.
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