Stamattina ho ripensato alla querelle Muccino-Pasolini degli ultimi giorni, e mi è venuto in mente che le parole di Muccino sono, in sostanza, le stesso che vennero pronunciate nel lontano 1863 dai pittori del Salon di Parigi contro gli impressionisti (per i quali venne poi fondato il Salon des Refusés per esporre le proprie opere). «Non hanno tecnica» dicevano i pittori parigini degli impressionisti, «sono degli analfabeti che vogliono dirci qualcosa senza avere i mezzi per farlo». Non è che i pittori del Salon avessero torto, almeno dal loro punto di vista, così come non ce l’ha Muccino quando dice che Pasolini fece cinema senza avere acquisito prima la tecnica, che impari andando a bottega. Pasolini, che era uomo intemperante, semplicemente non voleva perdere tempo e usò il suo genio e la sua esperienza artistica per sopperire alle falle. Una cosa, peraltro, sbagliatissima da ammirare, perché funziona una volta su mille, non tutti sono in grado di ripeterla. E Muccino, in sostanza, ha detto anche questo.
È solo che per Pasolini, così come per gli impressionisti, e dopo gli impressionisti per Van Gogh, che a sua volta fu da loro guardato con sospetto (e così per altri che come loro hanno trovato posto nel Salone dei Rifiutati della storia), non si parla mai di tecnica ma di linguaggio, che è diverso, o di stile, personalissimo, o di poetica. Non a caso Pasolini parla del suo come di «Cinema di Poesia», definizione tanto impalpabile quanto suggestiva per indicare qualcosa che, per quanto discutibile, non si può giudicare coi normali parametri della logica.
È solo che per Pasolini, così come per gli impressionisti, e dopo gli impressionisti per Van Gogh, che a sua volta fu da loro guardato con sospetto (e così per altri che come loro hanno trovato posto nel Salone dei Rifiutati della storia), non si parla mai di tecnica ma di linguaggio, che è diverso, o di stile, personalissimo, o di poetica. Non a caso Pasolini parla del suo come di «Cinema di Poesia», definizione tanto impalpabile quanto suggestiva per indicare qualcosa che, per quanto discutibile, non si può giudicare coi normali parametri della logica.
Nell’immagine, Colazione sul'erba, di Edouard Manet, rifiutata dal Salon di Parigi nel 1863, e per esporre la quale (insieme a opere di altri impressionisti), venne poi inaugurato il Salon des Refusés.
2 commenti:
Bravo, Tonio; come sempre le tue parole sono un raggio d'intelligenza e di buon senso (*non* si "senso comune", che è invece quello di chi è insorto contro Muccino).
Il fatto è che il cinema è anche *tecnica* e *linguaggio*, ma la cosa sembra passare molto sopra la testa degli odierni scandalizzati a gettone.
(Preciso per i nessuno a cui interessasse che non ho mai visto un film di Muccino e che alcuni film di Pasolini mi sono piaciuti).
La differenze sono sono fondalmente due:
La prima è che gli artisti dell'accademia e gli impressionisti erano contemporanei, mentre Muccino parla di Pasolini dopo ben 40 anni dalla sua morte. La seconda è che il cinema di Pasolini è arte ed è vitale dopo 40 anni e lo sarà per molto, i suoi documentari sono attualissimi ancora oggi con una potenza di analisi della società che ha attraversato i decenni, mentre di Muccino nulla è degno di memoria, tutto è datato
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