Picasso viene a trovarmi nel mio studio. Mi porta un grande quadro che appende alla parete. Mi dice che, secondo lui, gli manca il nero e mi chiede di aggiungerlo al suo posto. Osservo: «È già un quadro in bianco e nero. Dov’è precisamente che, secondo te, gli manca il nero?». Lui mi guarda come se fossi stupido: «Ovviamente sul bianco». «Ma così, se riempio gli spazi bianchi, diventa tutto nero, non si vedrà più niente!». «E anche fosse nero su nero, chi ti dice che il nero non abbia nulla da dirci?» mi risponde Picasso prima di andarsene. Io mi metto al lavoro per riempire le parti mancanti del grande nero di Picasso, e man mano che procedo mi ritrovo sempre più nudo e sempre più al di fuori del mio studio. Prima al semaforo, indicato dai passanti scandalizzati, poi in fuga attraverso il deserto, poi ospite nella casa di un altro, seduto accanto al suo camino spento. Infine in un parcheggio, mentre salgo, accompagnato dalla polizia, in un’auto non mia, e quello al volante mi informa che Picasso è appena morto, e ne scrivono tutti i giornali.
3 commenti:
Alla fine del libro devi trovare uno psicanalista a cui regalarlo ;-)
…e Malewicz, con il suo Quadrato Nero, ride a crepapelle.
Ecco che cosa succede a pensare di poter fare obiezione a Picasso in tema d'arte.
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