Ho visto un porno amatoriale in rete, ieri sera, in cui un animatore turistico dalla pelle molto scura e dal pesante accento spagnolo, chiaramente sudamericano, si fa una ragazza, ospite del villaggio in cui lavora, che è andata a trovarlo in camera. Tutti e due, da ciò che si capisce, avranno meno di vent’anni. La ripresa di pessima definizione, fatta con un cellulare o con una videocamera di scarsa qualità, ha un’angolazione strana e pare fatta di nascosto. Da ciò che si dicono si capisce che lei non sa di venire ripresa, mentre si concede e talvolta si confida a lui durante la mezz’ora di durata del video. Eppure non è tanto la sensazione, pesantissima, di essere un voyeur attaccato al buco della serratura a colpirti, rafforzata dal fatto che il video sembra autentico, e nemmeno l’atto performativo in sé, notevole ma accessorio al vero sentimento del film: la vanagloria sfacciata di un ragazzino che esibisce la propria preda di caccia; quanto l’accento marcatamente veneto della ragazza, il modo in cui esclama “Madonna!” ogni volta che lui spinge in lei, e anche quello innocente e pratico in cui nuda, parlandogli, non gli dice mai “tu” ma “voi”, intendendo lui e i suoi amici, e dunque: “voi neri, voi animatori, voi pieni di tose, ma in fondo, come mi dice la Cati, tutti bravi ragazzi.”
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