Pur non avendo mai approfondito la vita di Italo Calvino, dalla notizia della morte di Chichita, sua vedova ed erede dei suoi scritti, continuo a ripensare alla storia d’amore con Elsa De Giorgi, l’altra, ma vista dalla parte del marito di lei, Sandrino Contini Bonacossi, che da quel poco che ho letto fu un uomo fuori dal comune, persino nell’apparente sconfitta sentimentale: scomparve nel nulla a metà anni ‘50, chiedendole da lontano una separazione mai concessagli, per poi finire impiccato in un albergo a Washington vent’anni dopo. Nel momento stesso della sua fuga, lei, indecisa a lungo fra i due uomini, scelse la storia letterariamente più allettante, quella del lento e doloroso inseguimento di un’ombra. Più lui le sfuggiva, più lei rifiutava di cedergli terreno. Una fuga in tutto e per tutto simile – ma capovolta – a quella di Angelica da Orlando, che come annota Calvino nella sua versione raccontata dell’Orlando Furioso, ha una tale potenza centrifuga da mettere in moto tutta una serie di avvenimenti e personaggi intorno a loro.
Chichita, all’opposto, scelse di tramutare quella storia, che peraltro non la coinvolgeva direttamente, essendo arrivata dopo nella vita di Calvino, in un segreto frutto della gelosia, nascondendo il carteggio di tale amore in un fondo ben custodito a Pavia e vincolato al silenzio, ma in un tale chiacchiericcio sui meriti dei suoi contenuti da farlo rimpiangere a tutti i lettori che da sempre sognano di riuscire a far coincidere arte e vita – bellezza e verità – su di un unico piano. Più Chichita negava di dare quell’epistolario in pasto ai lettori, e più si accendeva in loro il desiderio di averlo, rinfocolando quell’antico amore ormai sopito.
Ma Chichita e Sandrino sono anche, appunto, la riprova di quale sia il prezzo da pagare quando si confondono i due estremi di arte e vita, senza riuscire a toccarsi. Entrambi adombrati, persino nel proprio dolore, o nel disappunto, dalla storia romanticamente più forte dei loro consorti scrittori, pur essendo a loro volta persone straordinarie e personaggi assolutamente letterari. Entrambi eternamente secondi ed entrambi infine divenuti primi, ma non per aver vinto il duello coi rispettivi compagni o coi rivali, quanto per motivi puramente biologici: l’uno per essersi sottratto al confronto, l’altra per essergli sopravvissuta.
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