In molte pagine di Carlo Bordini io ritrovo come una comunanza, in quella sterminata libertà, in quella fame, in quell’avventurosa freschezza, in quella capacità di piegare il tempo narrativo attraverso la pura forza plastica della scrittura, con Roberto Bolaño. Poi non so se è un paragone realistico, calzante, o solo una mia suggestione, ma se c’è uno scrittore a cui lo accomuno – fra gli altri – è proprio lui. Basti questo passaggio: «Essere entristi è un destino. L’entrata è qualcuno che entra nella vita per modificarla. Come un parassita nel corpo umano. Nel corpo degli altri. O nel proprio corpo» da Memorie di un rivoluzionario timido, che mi rievoca fortemente l’incipit dei Detective selvaggi.
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