Lancio una suggestione su Barzellette, l’ultimo libro di Ascanio Celestini, pubblicato da Einaudi, che è appunto un’esaustiva raccolta di barzellette – 300 pagine – con la cornice della storia di un’amicizia, quella fra il capostazione di un’infima stazione terminale e il suo aiutante che gli racconta barzellette per far passare il tempo. Mi fa pensare tanto a un racconto di Flaiano che sta in Diario notturno in cui un capostazione annoiato sta in questa stazione persa nel nulla insieme al suo telegrafista – si parla dei primi anni ’40 – aspettando che succeda qualcosa, finché succede un disastro ferroviario. Ecco, magari la cornice di Celestini non c’entra nulla con la mia suggestione, ma il libro, con tutta la cinica fatalità delle barzellette mi sembra quasi un prologo a quel racconto.
Per quanto riguarda le barzellette vere e proprie, il loro tono è ovviamente discontinuo, passando dalla genialità fulminea di alcune al mero passatempo di grana grossa di altre, ma come avverte lo stesso Celestini il loro valore non sta nel dato estetico e neppure in quello propriamente comico, quanto in quello sociologico: soprattutto dove prevale l’anonimato del testo che può e deve farsi, attraverso il racconto, voce comune. In quell’anonimato, soprattutto, è anche possibile dare libero sfogo alle pulsioni più becere, oscure, infami, con risultati spesso crudeli ma divertenti, lì dove le barzellette si fanno politicamente scorrette, da quelle razziste a quelle sui pedofili:
– Amore, cosa significa la parola pedofilo?
E lui: – Che parolone difficile per una bambina di sei anni!
Ecco, in un romanzo, trovare una tale facilità di linguaggio creerebbe disagio, in una barzelletta è una semplice condizione. Eppure, va anche ammesso che delle centinaia di barzellette qui raccolte – forse perché trascritte perdono molta della loro leggerezza discorsiva – le più affascinanti per il lettore sono quelle che mostrano un sostrato più letterario più evidente. Il tal senso, le migliori risultano probabilmente quelle contenute nel quarto capitolo, tutto dedicato alla Russia di Stalin.
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