Una bambina mi chiede se un Pesci può vincere mai contro un Ariete (cioè suo fratello). E se i Pesci, soprattutto, impareranno un giorno a mordere. Io le rispondo che certo i pesci mordono, ci sono gli squali ad esempio e i piranha, però vivono in mare e per questo sono sempre in armonia con l’universo. Lei mi guarda storto e mi risponde io non voglio l’armonia, voglio essere asociale e imparare a difendermi da quelli che non mi capiscono. E poi, aggiunge, voglio capire se rido troppo (ma non ride abbastanza) e se i pesci, per il fatto che vivono in armonia col mare e il mare è tutto salato, sono destinati a piangere per sempre. Cosa sono questi discorsi tristi, le chiede sua madre, e perché dovresti piangere? Ma io non voglio piangere, aggiunge la bambina abbracciandola, sono un pesce che non vuole piangere nemmeno quando è in mare! È un verso così bello questo del pesce che non vuole piangere, le dico, è così bello che quasi quasi te lo rubo. La bambina mi sorride (per la prima volta mi sorride), ma contorcendosi contro la spalla di sua madre per non guardarmi negli occhi, e mi fa dai, l’avrà già scritto qualcun altro un verso così stupido. Però se me lo rubi non metterci il mio nome. Perché sono asociale e non voglio finire in una poesia.
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