lunedì 3 gennaio 2022

lista

Volevo fare anche io la mia lista dei libri più belli che ho letto l’anno scorso, ma mi accorgo che non me ne ricordo uno in particolare, ho come un gran nebbione nella testa in cui tutto si assomiglia senza grandi distinzioni, anche se questo non significa che fossero libri brutti. Semplicemente, forse, cercavo altro. Il 2021 invece quel particolare sentimento in cui si mischiano piacere estetico e scoperta me lo hanno regalato alcuni registi spesso del passato remoto: Fritz Lang (tutto il ciclo del dr. Mabuse, ma anche “Una donna sulla luna” è bellissimo), Billy Wilder (“L’appartamento”), Orson Welles (“Il processo”, “Il terzo uomo”), Alfred Hitchcock (qualsiasi titolo degli anni ’50 e ‘60), Nicholas Ray (“Neve rossa”) e il povero Jean Vigo, Roman Polanski (come Hitchcock ma un poco dopo, qualsiasi titolo degli anni ’60 e ’70), Jean-Pierre Melville (“Il silenzio del mare”, “L’esercito delle ombre”), che hanno tutti la stesa caratteristica, di essere “stranieri” non solo nell’animo, ma proprio esuli o fuggiaschi, condizione che influenza tutta la loro poetica. Sono quelli di cui ho visto più o meno tutta la filmografia, a cui si aggiungono un’ottantina di titoli fra classici europei (“Vogliamo vivere!” di Lubitsch, “La grande illusione” di Renoir) e soprattutto noir americani, in particolar modo quelli dove campeggia il modello di Humphrey Bogart (“Il grande sonno”) e quelli dove questo modello viene superato (“Il lungo addio” di Altman). Sono state le uniche ore di gioia pura in un anno altrimenti di cacca.

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