Di Vittorio Sereni quest’anno ricorre il centenario della nascita. Ero in dubbio se fare un post o meno sulla ricorrenza, anche perché Sereni di me non ha proprio bisogno. La sua fondamentale seppur discreta presenza nel panorama poetico italiano è certa, e il suo libro più bello, Gli strumenti Umani, oltre a essere opera perfetta e ancora stimolante, modernissima, è stato talmente rivoluzionario da potersi considerare chiave di volta di tutta la poesia del secondo ‘900 (ma anche il secondo Montale, quello di Satura, sarebbe impossibile senza Sereni). Nonostante questo Sereni è poco conosciuto, forse perché il suo verso, per quanto apparentemente facile, non sempre lo è davvero; o forse perché il suo personaggio è meno istrionico di altri.
Così, senza voler troppo aggiungere (alimentando chiacchiere inutili su chi non ne voleva affatto), ho pensato che almeno un paio di poesie sue dovevo pubblicarle. Magari poesie un pizzico meno famose di altre che potete tranquillamente trovare in giro. Ho scelto così tre poesie “casalinghe” dal suo ultimo e quarto libro, Stella Variabile, a cui sono particolarmente legato perché regalatomi per un mio compleanno. La prima è tipicamente sereniana nel trascendere l’episodio comune (il trasferimento in una nuova casa) per una riflessione più ampia sulla morte da parte del poeta ormai anziano. La seconda è ancora più inquietante, il quadretto famigliare di un litigio con la nipotina che si trasforma in una visione sulla fatalità della storia nei campi di concentramento. La terza, dedicata alla vecchia moglie, è semplicemente commovente. Sono le poesie di un uomo che si avvia lentamente alla fine, ma con la forza di guardarsi ancora intorno con sguardo lucido e cuore aperto.
Stella Variabile è, per certi versi, un libro imperfetto, non tutte le poesie sono all’altezza del poeta Sereni, eppure tutte raccontano la storia dell’uomo Sereni, e in fondo anche questa è una rivoluzione della sua scrittura: il considerare ogni momento, ogni più modesto particolare, degno di essere vissuto e raccontato, per il semplice motivo di considerare la vita (di chiunque, persino in tanto nulla) il dono più prezioso di tutti.
Così, senza voler troppo aggiungere (alimentando chiacchiere inutili su chi non ne voleva affatto), ho pensato che almeno un paio di poesie sue dovevo pubblicarle. Magari poesie un pizzico meno famose di altre che potete tranquillamente trovare in giro. Ho scelto così tre poesie “casalinghe” dal suo ultimo e quarto libro, Stella Variabile, a cui sono particolarmente legato perché regalatomi per un mio compleanno. La prima è tipicamente sereniana nel trascendere l’episodio comune (il trasferimento in una nuova casa) per una riflessione più ampia sulla morte da parte del poeta ormai anziano. La seconda è ancora più inquietante, il quadretto famigliare di un litigio con la nipotina che si trasforma in una visione sulla fatalità della storia nei campi di concentramento. La terza, dedicata alla vecchia moglie, è semplicemente commovente. Sono le poesie di un uomo che si avvia lentamente alla fine, ma con la forza di guardarsi ancora intorno con sguardo lucido e cuore aperto.
Stella Variabile è, per certi versi, un libro imperfetto, non tutte le poesie sono all’altezza del poeta Sereni, eppure tutte raccontano la storia dell’uomo Sereni, e in fondo anche questa è una rivoluzione della sua scrittura: il considerare ogni momento, ogni più modesto particolare, degno di essere vissuto e raccontato, per il semplice motivo di considerare la vita (di chiunque, persino in tanto nulla) il dono più prezioso di tutti.
QUEI TUOI PENSIERI DI
CALAMITÀ
e catastrofe
nella casa dove sei
venuto a stare, già
abitata
dall’idea di essere qui per morirci
venuto
– e questi che ti sorridono amici
questa volta sicuramente
stai morendo lo sanno e perciò
ti sorridono.
SARÀ LA NOIA
dei giorni lunghi e torridi
ma oggi la piccola
Laura è fastidiosa proprio.
Smettila – dico – se no...
con repressa ferocia
torcendole piano il braccino.
Non mi fai male non mi fai
male, mi sfida in cantilena
guardandomi da sotto in su
petulante ma già
in punta di lagrime,
non piango nemmeno vedi.
Vedo. Ma è l’angelo
nero dello sterminio
quello che adesso vedo
lucente nelle sue bardature
di morte
e a lui rivolto in estasi
il bambinetto ebreo
invitandolo al gioco
del massacro.
DI TAGLIO E CUCITO
Il giocattolo,
pecora o agnello che rappezzi
per ingiunzione della piccola,
di testa forte più di quanto non
dica
il suo genere ovino
è in famiglia con te. Il tuo
profilo
caparbio a ricucire il giocattolo
e quella testa forte: paziente
nell’impazienza – il tuo cipiglio
che pure non molla la presa
sulla mia vita che va per farfalle
e per baratri… Per ogni
graffio un rammendo, per ogni
sbrego
una toppa.
Quanto vale
il lavoro di una
rammendatrice, quanto
la tua vita?
6 commenti:
Le mani
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell’arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
Vittorio Sereni
di taglio e cucito che non conoscevo è bellissima
sono contento che ti piaccia amanda, e grazie anche a te per il contributo, giardi. questo è un poeta a cui tengo molto. ne ho consumanto i libri, l'ho studiato tantissimo e credo che mi sia rimasto dentro qualcosa di lui.
ciao Antonio!
anche se leggo in silenzio non potevo non lasciare una traccia su questo post o no? ;-)
un abbraccio
a. b.
ah, ma tu pensa che mentre lo scrivevo io pensavo a te ;)
penso vai a capire perché a Sereni...
grazie di pensarmi in queste situazioni così belle ;-)
...Da me a quell'ombra in bilico tra fiume e mare
solo una striscia di esistenza
in controluce dalla foce.
Quell'uomo...
a. b.
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