Forse è perché sono più vecchio di quello che mi credo, e il mio mondo è piccolo e definito, confortevole. Ma nell’ultimo anno ho visto morire così tanti amici che non provo quasi più piacere a uscire, dovunque vado non vedo più la piazza, la villa, lo stradone, ma solo un altro posto vuoto. Oggi se ne va pure Luigi De Michele. L’ho sentito appena l’altro giorno e stava bene. Mi aveva mandato uno dei suoi saggi di economia agricola in cui ribadiva, come faceva da tutta una vita, la sua sola fede: che tutto il nostro cuore sta nella terra, ed è dalla terra che si deve ripartire per salvare questo paese. Ognuno si sceglie la propria missione e la persegue come può. Io non ho mai visto nessun altro scrivere con tanto amore, ammirazione e rispetto della dignità di un pugno di contadini del sud, che con l’uso di una zappa e della forza delle proprie braccia erano stati capaci di cambiare il destino di un popolo. Lui lo aveva visto succedere e non voleva che questa eredità venisse perduta.
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