sabato 8 maggio 2021

la via sfocata del cuore

LA VIA SFOCATA DEL CUORE, poesie di Jim Dine, edito da Luca Sossella editore, credo sia la prima delle sue raccolte liriche tradotte in italiano, da Riccardo Duranti e Julia MacGibbon. Il volume, curato da Paolo Gervasi, offre un’ampia scelta di testi lirici e in prosa, un saggio di Annalisa Rimmaudo, e una bella intervista finale che rivela moltissimo dell’artista. Da quest’ultima, così piena di autoironia, riporto qui alcuni punti in particolare che mi hanno particolarmente colpito o fatto sorridere.

1) La prima presa di coscienza di Jim Dine della scrittura è legata al fatto che fosse mancino e che a scuola (classe 1935) ha imparato a scrivere usando il pennino a inchiostro: seguendo il senso della scrittura da sinistra a destra la sua mano sinistra, la mano cioè con cui scriveva, era sempre macchiata di inchiostro; non solo, imbrattava anche il testo già scritto ma ancora umido, convincendolo che la fase creativa da cui scaturisce la parola debba sempre coincidere con lo sporcarsi le mani;
2) Negli anni ’60, durante la sua prima affermazione come pittore-poeta, Dime parla esclusivamente di incontri con poeti-stampatori o in ciclostilo: quella della poesia ben impaginata e stampata da un editore è una rivelazione tutta europea, la scopre a Londra; a New York si va di ciclostilo, meglio se spillato;
3) Per quanto sia stato incoraggiato a scrivere versi da Robert Creeley in persona (e speriamo che prima o poi qualcuno la curi una bella edizione tradotta delle sue poesie), Jim Dine afferma chiaramente di essere stato ammesso nel circolo dei poeti che contano non per il suo ruolo da poeta ma per quello da pittore: ovvero i poeti lo accettavano fra i loro non perché gli importasse qualcosa delle sue poesie, ma nella speranza che lui disegnasse le copertine dei loro libri;
4) Nel 1972, improvvisamente, Dine smette di scrivere per circa vent’anni, perché preferisce il silenzio al non sentirsi all’altezza dei poeti che ama, ma con cui si sente portato a una continua competizione;
5) Quando, vent’anni dopo, è tornato a scrivere poesie, Dine si è costruito una stanza apposta per dedicarsi alla poesia, che spesso compone in verticale, sul muro, e che quindi non rubi spazio allo studio pittorico. La cosa buffa è che la nuova stanza, costruita in giardino, ha finito per coincidere invece con la serra, dove poesie e piante e fango hanno ormai lo stesso spazio.

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