giovedì 29 luglio 2021

una metafora del male

Agamben a parte, io sono di quelli che pensa che quando le persone si paragonano agli ebrei in questa storia dei pass lo fanno, nella maggior parte dei casi, perché soffrono di povertà dell’immaginazione, e soffrono di questa povertà per colpa della scuola e della televisione. Quando ci si accosta a un’immagine in cui rappresentarsi (metafora) la prima che ti viene in mente, se pensi alla lotta fra bene e male, dittatura e vittime di un sistema prevaricante, è il nazismo contro gli ebrei. Non è che ci sia solo quella, ma è quanto di meglio ci passa il convento. Quello passa il messaggio lanciato in TV ogni gennaio, per non dimenticare, quello è il male, quello non dobbiamo rifare. Quello è il massimo esempio che abbiamo sovrascritto in testa, ed è diventato un simbolo della nostra cultura. Del resto anche in altri contesti il massimo che riusciamo a tirar fuori sono i cliché su fascismo e antifascismo. Ce ne sono altri? Certo, ma io se chiudo gli occhi a quello penso, è immediato, è comune a molti e per questo è efficace. Senza nulla togliere a quel male, né al nostro, a me pare che sia solo l’esempio che l’operazione televisiva abbia funzionato a livello di indottrinamento figurativo. Mio padre, ad esempio, che non guarda la TV e viene da un’epoca in cui non si studiavano ancora quelle cose, ha un altro immaginario a cui rifarsi. Se gli chiedi di farti un esempio di ingiustizia lui non ti parla mai di fascisti o ebrei, lui ti tira fuori la storia di Muzio Scevola, macho romano che sbaglia e allora per autopunirsi mette la mano sul fuoco e se la brucia. Se avesse vinto il modello educativo di mio padre oggi il Paese sarebbe pieno di monchi. Invece ha vinto l’altro modello, quello in cui c’è una banda di cattivi che sono sempre gli altri, quelli in divisa nera, e noi siamo le vittime del sistema, vittime in cui è facile riconoscersi, vessate ingiustamente da leggi inique. Mi chiedo che succederebbe se per alcuni anni, invece del solito film sui campi di concentramento, si lanciassero in TV, per non dimenticare, delle fiction sulle vicende dei migranti in mare. Ce la faremmo a dire, di fronte a un’ingiustizia soverchiante, che noi siamo proprio come quegli africani su una zattera che viene affondata dalla guardia marina libica sovvenzionata dal governo italiano nel 2021?

Nessun commento: