Su “La Storia” di De Gregori concessa all'Enel per uno spot leggevo prima il commento di un lettore che si chiedeva, con tono quasi di rimprovero: Chissà che avrebbe fatto De André al posto suo. A me verrebbe da chiedere Chissà che avresti fatto tu, caro lettore, se l'avresti venduto o no un tuo lavoro artistico per soldi. E questo lo dico da sociologo dell’arte, una cosa che ogni tanto tiro fuori dal cassetto della laurea mai utilizzata, e che sostanzialmente è la materia che indaga i rapporti anche economici che legano artista, pubblico e committente, perché da che mondo è mondo chi fa arte la fa in primo luogo come lavoro, per venderla. Chi non vende i propri lavori o è ricco di suo, come Cézanne, oppure è un artista per hobby. Persino chi scrive un libro di poesie cerca di venderlo. Figurarsi chi scrive una canzone di successo. Poi certo ci sarebbe da chiedersi, perché tali discussioni ritornano ogni volta ci si trova di fronte ad opere che travalicano il proprio tempo e spazio, a chi appartiene davvero “La storia” di De Gregori, se a lui per averla scritta o a noi come pubblico, ma a questo punto ci sarebbe anche da chiedersi – e spesso il pubblico non se lo chiede affatto, o finisce per mercificare la questione proprio come l'Enel, riducendo il tutto a un semplice: Ho pagato il biglietto – cosa abbiamo fatto noi per meritarcela.
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