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giovedì 9 maggio 2013

una storia d’amore tra due eunuchi cinesi

Quando nel monastero dove da tempo erano stati relegati i quattrocento eunuchi della vecchia casa imperiale cinese ne erano rimasti due, nacque così grande affezione tra loro che non potevano muoversi nei corridoi e nel giardino senza stare vicini. E dicevano cose sulle nuvole che passavano e anche sulle ombre degli uccelli che scorrevano sui sassi dell’orto. Ma poi qualcosa creò dello spazio tra loro. Come se stessero meglio isolati. O perlomeno uno dei due, il più vecchio, si comportava così. Sedeva negli angoli e se ne stava in fondo al giardino. E l’altro lo seguiva a distanza. Lo osservava, lo studiava per capire che cosa poteva essere successo. Forse stava male o voleva morire senza disturbare né essere turbato. Un giorno notò che scriveva su un foglio di carta. Anzi, più volte, anche a lume di candela lo vide scrivere qualcosa che poi teneva segretamente da qualche parte. Cercò quei fogli. Il suo desiderio era quello di leggere il diario intimo. Smosse dei sassi nel giardino e nell’orto come gli era parso che avesse fatto il compagno, frugò in mezzo alle crepe del pavimento vecchissimo. E finalmente un giorno lo trovò. Lo lesse di nascosto. Così era scritto:

Lunedì
Da quando mi sono messo a scrivere il diario vedo che ti interessi ancora molto a me.

Martedì
Sento che hai voglia di leggere quello che scrivo.

Mercoledì
Oggi ho smosso delle pietre nell’orto per farti credere che nascondevo là sotto queste pagine. E infatti tu hai ripetuto i miei gesti e sei rimasto deluso.

Giovedì
Leggo nei tuoi occhi che stai soffrendo. Allora è vero che mi vuoi ancora bene.

Venerdì
Oggi voglio che tu trovi queste poche righe e che tu capisca che sei la mia vita.

Dopo aver letto pianse. E vide che vicino al canneto piangeva anche l’altro.

(Tonino Guerra, da Il polverone)

mercoledì 16 marzo 2011

diario nero degli ultimi mesi

È parecchio che non scrivo sul blog, un po’ perché non ho molta ispirazione, un po’ perché mi sto dedicando ad altre attività come la fotografia o trovarmi un lavoro o far uscire il libro di poesie o scriverne un altro che va avanti un po’ a fatica ma va, comunque va.
A tutto questo va aggiunto che sono senza internet più o meno dalla metà di dicembre, a causa di un guasto alla mia linea ADSL, che Telecom sono tre mesi che dichiara di star riparando ma io ancora non ho visto nulla. Per cui mi arrangio come posso, ma stare dietro al blog non è per nulla facile.
Scrivere però mi piace ancora, almeno quando “son d’umore nero” (Guccini), e così pubblico qua sotto tre testi che ho buttato giù negli ultimi mesi, mentre ero di malumore, e che sono poi quelli che uno fa sempre più fatica a giudicare, perché quando sei giù ci metti dentro qualcosa di tuo, quel pizzico di personale per cui poi ti ci affezioni, anche se magari il pezzo non è il meglio che hai fatto.
Una nota per il secondo. Un po’ di tempo fa una mia amica mi ha iscritto a Fb perché riteneva che uno scrittore senza quel canale avesse un mezzo in meno per farsi sentire. Personalmente la ritengo ancora una gran fesseria (Fb, non l’idea della mia amica). E infatti, sono quasi convinto che a causa di questa mia contraddizione, cioè di odiare un mezzo a cui mi sono comunque arreso, Dio mi abbia levato Internet per punirmi. Ben mi sta!

Dicembre
IL CORVO

Apro la mia posta su Libero e leggo con apprensione in poco più di tre righi, lapidari come un epitaffio, che Aretha Franklin ha il cancro, Jean-Louis Trintignant compie poverino 80 anni (chi gliel’avrà mai fatto fare?). One mi rimprovera che l’altra sera, sì proprio l’altra sera, mentre ronfavo sul divano guardando Harry Potter ricevere i doni della morte come stimmate, ho perso per un soffio la donna della mia vita. Alessandra Neglia mi scrive che la situazione politica del Paese è così ingarbugliata che cazzo Lillo no, 5000 battute per il pezzo di terza sono poche, credimi! Intanto fuori viene giù il diluvio, c’è buio pesto, la notte ci circonda. Il mio gatto si gratta, credo di avergli attaccato le pulci. Un corvo con un’ala rotta sta bussando alla finestra, riuscite a sentirlo?
Poi mi chiedono tutti dove mai nasce la mia illimitata fiducia nel futuro. Di sicuro domani, peggio di così non può andare.



Gennaio
FACEBOOK E LA PATATA

Cazzo due giorni che sono su Facebook e già mi sono rotto le palle. Davvero, ora capisco perché qualcuno la ritiene la massima esaltazione dell’effimero, e sarebbe anche divertente se tutto questo chiacchiericcio non fosse a tratti assordante!
Nessuno ti ascolta per davvero, anche perché ascoltare richiede impegno, attenzione, pensiero, e pensare richiede tempo. Chi ha mai tempo oggigiorno? Il tempo è denaro! E infatti c’è crisi internazionale, mica roba da poco. Nessuno ha bisogno di cercarti, infatti sei tu a sbattergli in faccia le tue perle di saggezza (proprio com’è questa, lo riconosco, e chissà quanti l’hanno scritta già una manfrina così in passato). A tutti piace sempre tutto. E tutti sono sempre lì a ripeterti all’infinito le stesse banali cazzate. L’altra sera ha cominciato a nevicare e quaranta persone hanno scritto all’unisono “nevica!!!” sulla propria bacheca (e tutte e quaranta coi tre puntini esclamativi!!!). Ma come cazzo si fa?
La cosa peggiore però, secondo me, è che su Facebook chiunque perde un po’ del proprio mistero, tutti appaiono per quello che sono, e in effetti ad averceli sempre davanti sono tutti un po’ più brutti. Persino io mi sembro più brutto su Facebook, e io mi voglio bene. Non capisco ancora che gusto ci sia a scorreggiare in pubblico quotidianamente le proprie fragranze e in effetti i più furbi non scorreggiano, infilano solo il naso di tanto in tanto nel bagno degli altri, giusto per vedere che aria tira. Anche se qualcuno è simpatico, è vero, in genere chi non si prende troppo sul serio.
Mi hanno detto che si riesce anche a trombare, impegnandosi un minimo. Così aspetto. Magari un giorno, mentre tenta di sbattermi in faccia la sua quotidiana perla di saggezza, ce n’è una che insieme alla perla mi sbatte in faccia pure la patata. Che ne sai? Con un po’ di fortuna…

Febbraio
LA FINE DEL PC

Stamattina hanno parlato in tv della fine del PC. Ci fu un congresso per cambiar nome al Partito e poi rinnovarlo, e nel giro di due anni il Partito morì. Così oggi pensavo che sarebbe bello poter cambiare nome al Sud, che oramai a pronunciarlo sembra quasi una condanna.
Morire tutti e poi ricominciare da un altrove qualsiasi, ma che sia sempre casa. E senza alcun PD.