Ma questa non è una storia a lieto fine, mi dice Marcello, te ne racconto una migliore.
E mi racconta della volta che sta rientrando a casa e trova un topolino, poco più grande di un’unghia, fermo sul marciapiedi accanto alla grata di un tombino, che fissa verso il cielo, le luci dei lampioni e le finestre illuminate del palazzo di fronte. Pensa che si è perso, e per dargli una mano prova in tutti i modi a rigettarlo nel tombino, spingendolo con un quaderno, ma il topolino si aggrappa con tutte le sue forze alle sbarre della grata, e si rifiuta di scendere. Così Marcello si arrende e torna a casa.
Più tardi va a controllare il topolino, ma quello non c’è più. Solo allora, mentre passa vicino al giardino lì accanto, abbandonato e selvatico da anni, pensa che forse il topo non è venuto fuori dal tombino, ma da lì, a guardarsi incuriosito questo mondo, così scialbo in confronto al suo, fatto di fiori dall’odore pungente e grovigli di spine. Marcello passa davanti a quel giardino ogni giorno, così tante volte che ormai non ci fa più caso. E senza quel topo, dice, non avrebbe mai ricominciato a vederlo.
È stata la cosa migliore che ho fatto, conclude, lasciar perdere quello che pensavo e accettare che il topolino facesse quello che voleva. Se lo avessi spinto giù, anche con le migliori intenzioni, non me lo sarei mai perdonato.
Ascolto Marcello, ha la voce piena di ansia e pianto, eppure sorride. Mi ha appena detto che la sua ragazza è rimasta incinta e vuole tenersi il bambino. Poi, finito il liceo, entrambi si troveranno un lavoro e un posto tutto loro in cui vivere, senza i genitori.
E mi racconta della volta che sta rientrando a casa e trova un topolino, poco più grande di un’unghia, fermo sul marciapiedi accanto alla grata di un tombino, che fissa verso il cielo, le luci dei lampioni e le finestre illuminate del palazzo di fronte. Pensa che si è perso, e per dargli una mano prova in tutti i modi a rigettarlo nel tombino, spingendolo con un quaderno, ma il topolino si aggrappa con tutte le sue forze alle sbarre della grata, e si rifiuta di scendere. Così Marcello si arrende e torna a casa.
Più tardi va a controllare il topolino, ma quello non c’è più. Solo allora, mentre passa vicino al giardino lì accanto, abbandonato e selvatico da anni, pensa che forse il topo non è venuto fuori dal tombino, ma da lì, a guardarsi incuriosito questo mondo, così scialbo in confronto al suo, fatto di fiori dall’odore pungente e grovigli di spine. Marcello passa davanti a quel giardino ogni giorno, così tante volte che ormai non ci fa più caso. E senza quel topo, dice, non avrebbe mai ricominciato a vederlo.
È stata la cosa migliore che ho fatto, conclude, lasciar perdere quello che pensavo e accettare che il topolino facesse quello che voleva. Se lo avessi spinto giù, anche con le migliori intenzioni, non me lo sarei mai perdonato.
Ascolto Marcello, ha la voce piena di ansia e pianto, eppure sorride. Mi ha appena detto che la sua ragazza è rimasta incinta e vuole tenersi il bambino. Poi, finito il liceo, entrambi si troveranno un lavoro e un posto tutto loro in cui vivere, senza i genitori.
1 commento:
i topolini fanno quello che vogliono, arrivano quando meno te lo aspetti e ti cambiano la vita
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