Sempre più piccolo borghese, consumistico, fascistico, il paese, telestupefatto, ha perso ogni cognizione di cultura e di lingua. Ha perso ogni memoria di sé, della sua storia, della sua identità. L’italiano è diventato un’orrenda lingua, un balbettio invaso dai linguaggi mediatici che non esprime altro che merce e consumo. Su questo terreno trova coltura e vigore un cespuglio di scrittori furbastri, personaggi mediatici prima che scrittori, che coi loro romanzi polizieschi, comico-grotteschi, bozzettistici intrattengono e dilettano i “nuovi” lettori.
L’estratto qui sopra viene ripreso da un articolo del 2006 dello scrittore Vincenzo Consolo sulla rivista Lettera Internazionale. Lo posto a commento dell’ultimo dibattuto articolo di Marco Travaglio (qui) in cui definisce polemicamente il popolo della rete come “una merda” (a qualcuno dà anche del cerebroleso) e chiede ai proprio commentatori se rileggono mai ciò che scrivono.
Non ci vuole tanto per capire che il popolo della rete è “una merda”, a tal proposito mi piace ricordare le parole assai sensate del mio amico Gianluca: “Internet è un potentissimo mezzo per dare voce agli imbecilli”. Che poi è il vero autentico principio della democrazia, dove l’imbecille vale quanto il dritto, ha lo stesso peso (talvolta è anche un buon esercizio di modestia per il dritto).
Il problema casomai mi sembra un altro. E cioè che chi scrive non si rilegge, e questo a causa del fatto che prima dovrebbe imparare a farlo. Dico imparare per il semplice motivo che scrivere e leggere non è, come si pensa, mettere insieme meccanicamente delle lettere per formare delle parole, è qualcosa di molto più complesso, si tratta di dare forma a delle idee, e purtroppo questo non ce l’hanno mai insegnato. E la colpa è realmente, assurdamente, imperdonabilmente, tutta politica.
L’estratto qui sopra viene ripreso da un articolo del 2006 dello scrittore Vincenzo Consolo sulla rivista Lettera Internazionale. Lo posto a commento dell’ultimo dibattuto articolo di Marco Travaglio (qui) in cui definisce polemicamente il popolo della rete come “una merda” (a qualcuno dà anche del cerebroleso) e chiede ai proprio commentatori se rileggono mai ciò che scrivono.
Non ci vuole tanto per capire che il popolo della rete è “una merda”, a tal proposito mi piace ricordare le parole assai sensate del mio amico Gianluca: “Internet è un potentissimo mezzo per dare voce agli imbecilli”. Che poi è il vero autentico principio della democrazia, dove l’imbecille vale quanto il dritto, ha lo stesso peso (talvolta è anche un buon esercizio di modestia per il dritto).
Il problema casomai mi sembra un altro. E cioè che chi scrive non si rilegge, e questo a causa del fatto che prima dovrebbe imparare a farlo. Dico imparare per il semplice motivo che scrivere e leggere non è, come si pensa, mettere insieme meccanicamente delle lettere per formare delle parole, è qualcosa di molto più complesso, si tratta di dare forma a delle idee, e purtroppo questo non ce l’hanno mai insegnato. E la colpa è realmente, assurdamente, imperdonabilmente, tutta politica.
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