Lumache, patelle, cazzodde e cazzanudi. Gli immancabili ragni. I gusci vuoti. Rivoltiamo la terra in giardino: pietre e ancora pietre, vecchia cenere, buona poi per concimare i finocchi. Troppe radici. Le radici non muoiono mai, dice mio padre che la sa lunga. Basta un pezzetto di radice in una terra umida e subito dilaga, prende spazio, mette nuove radici intorno. I bulbi, invece, se ne stanno nascosti nella cenere fino a fossilizzarsi, e consumarsi nel cuore ormai cariato, mentre aspettano di risalire alla luce ed esplodere in germogli, se viene primavera. Strappo radici senza sosta, per fare pulizia in giardino, ma so che perdo già in partenza, che le radici non le puoi eliminare. Per darmi ragione, ripenso a Tonino Guerra, che l’aveva intuito molto prima di me. Ripenso a lui e a Tarkovskij in giro per l’Italia, alla ricerca delle corrispondenze che stimolassero la loro nostalgia. Ripenso a lui che riscrive, nel suo ultimo libro, un suo libro più vecchio di vent’anni, e lo fa uguale al primo: diario di un suo viaggio in Russia e di una nostalgia più grande ancora, infinita. Forse, mi dico, perché i libri vanno riletti almeno due volte, ed anche, per essere meglio capiti, almeno due volte riscritti.
1 commento:
Che bello. E vero :-)
Posta un commento