Vengo invitato a un festival letterario per il riscatto del Sud. Mi chiedono il logo della casa editrice, lo mando, poi sul loro sito mi ritrovo un logo scaricato da internet che non c'entra niente con la casa editrice. Glielo segnalo, non cambia nulla. I patti parlano di una scontistica particolare e vantaggiosa, tanto che ci invito anche un collega. Poi l'ultima sera cambiano tutto e mi vengono a chiedere un'altra scontistica più alta, considerato "l'impegno che ci hanno messo". Siccome sono un cretino, mi arrendo e lascio perdere. Va bene, vi do una mano. Intanto però organizziamo una presentazione all'interno del festival, vado lì con l'autore e scoppia un litigio perché, nella stessa sala alla stessa ora, per un disguido si presenta un'altra scrittrice che deve fare la presentazione del suo libro. Salviamo capra e cavoli facendo mezz'ora per uno, ma il mio autore si arrabbia e devo essere io a rabbonirlo. Alla fine della fiera vendiamo pochissimi libri, considerate le spese praticamente andiamo in perdita. Così vado a ritirare i libri e me ne ritrovo due danneggiati, ovvero scritti a penna sulla copertina. Non sono da buttare, ma nemmeno posso più venderli se non all'usato. Visto che sono andato loro incontro sulla scontistica, chiedo che mi vengano almeno risarciti i libri danneggiati. Silenzio stampa. Allora, la mia conclusione è questa: io ci provo con tutte le mie forze a credere e investire in questo Sud. Anche a costo di rimetterci. Però il Sud, se vuole darsi una credibilità culturale, se vuole crescere davvero e non soltanto a proclami e belle parole, si deve togliere dalla testa di continuare a essere approssimativo quando fa le cose. Mi sono rotto le palle dell'armiamoci e partite. Forse andava bene sessant'anni fa. Adesso direi che è ora di crescere.
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