venerdì 6 luglio 2018

la sedia

L’ultimo libro terminato in vita da Malaparte fu La pelle, pubblicato nel 1949. (Il successivo Maledetti Toscani fu in realtà scritto prima di Kaputt, 1944). Dopodiché Malaparte trascorse l’ultima parte della sua vita districandosi fra difficoltà economiche, ostracismo e vari progetti letterari – dal Ballo al Kremlino a Mamma marcia – senza tuttavia riuscire mai più a ritrovare la concentrazione necessaria a terminarli. Gli ultimi dieci anni di vita di Malaparte sono disseminati di progetti mancati, cartonacci di nuovi grandi affreschi europei e manoscritti pieni di idee ma tutti invariabilmente monchi. Stamattina, mentre concludevo di leggere la sua biografia, ho scoperto che nella sua casa a Capri, incentrata a una essenzialità quasi monastica o metafisica, non c’erano sedie. Ci si poteva sedere su due divani assai essenziali nella sala centrale oppure si utilizzavano i ruvidi letti nelle camere, o al massimo ci si sedeva per terra. L’unica sedia presente in tutta la casa era quella nel suo studio. Tre pareti piene di libri consunti e una libera, su cui si apriva una finestra che dava sul mare. Una scrivania al centro della stanza, rivolta verso la parete coi libri per non lasciarsi distrarre dal paesaggio, la macchina da scrivere e una sola sedia. Bukowski diceva che per scrivere erano necessarie solamente due cose: una macchina da scrivere e una sedia. Io mi sono immaginato gli ultimi terribili, tormentati anni di vita di Malaparte, seduto nel silenzio della sua casa in compagnia del suo cane, immobile su quella sedia o ascoltando il mare alle sue spalle, come sommerso in una bara d’acqua, continuando a elaborare storie o visioni senza pace, senza più la capacità o la fiducia di riuscire a raccontarne la fine.

1 commento:

Sabina_K ha detto...

...quando si dice un personaggio...
Ad ognuno la sua misura, a noi tutti la possibilità di stupirci senza cadere nel burrone del pregiudizio, brutta malattia infantile che ad alcuni non passa mai!
;-)
Malaparte è stato sicuramente un individuo singolare, come la sua narrativa, del resto, pieno di "contraddizioni biografiche".
Ho letto giovanissima "la pelle" e me ne è rimasto un ricordo di tenebroso dolore, ma non ho mai pensato che ci fosse del compiacimento nelle descrizioni della Napoli in mano agli americani, piuttosto una capacità di descrivere l'innominabile senza far ricorso ad alcun filtro, di rendere il dolore in tutta la sua insopportabile nudità.
E' stato accusato di cinismo descrittivo, come capita a quelli che mostrano l'orrore senza rivestirlo.