«Cartastraccia» mi dice Paglialunga
leggendo senz’amore i miei poeti
con la sicumera di chi fa letteratura
a vent’anni e si offende se gli dico
che è un ragazzo nulla più che un cazzo
dritto come tanti. Richiama il suo
coetaneo Codignola – cosa posso offrirti
ragazzino se non la bocca storta
a furia di sorrisi e un cuore inacidito
dal dubbio? – Nulla che ti basti o
che soddisfi il tuo bisogno di affrancarti
dal mediocre a cui ti senti condannato
dal tuo essere nato
nulla più che un cazzo come tanti
buono per la monta e poi la morte
per esprimere a forza di botte e battutine
da stronzetto il disprezzo naturale
che preme per scoppiarti nei calzoni
alla tua età frustrata
dalle parole senza sesso
degli altri. Lo guardo Paglialunga e mi rivedo
io che sono stato mio nemico
come lui lo è di se stesso. E vorrei dirgli – né mi azzardo –
che è successo anche a me
di stare dritto come un cazzo
in mezzo agli altri. E non capire
che per quanto mi gettassi nella mischia
– fiero del mio cieco pregiudizio di uno
sterminato amore per la vita –
si è comunque destinati a invecchiare
nella spietata indifferenza degli altri.
Ed è questa la condanna di chi crede
soprattutto alla parola. Che tutto
può essere espresso racchiuso
persino la parola «invecchiare».
Ma la parola da sola
non significa veramente nulla.
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