Forse la cosa più irritante che sento ripetere, da diversi esponenti delle varie forze politiche all'opposizione, sul reddito di cittadinanza è la critica che non si ferma sul merito o efficacia della manovra ma punta il dito contro le persone a cui è rivolta. Col reddito di cittadinanza, dicono, aumenteranno i furbetti, quelli che evandono le tasse col lavoro nero mentre intascano impunemente i soldi regalati loro dallo Stato! Non si prende nemmeno in considerazione l'idea che spesso questo lavoro nero è sottopagato o precario, che chi lo offre non ha i mezzi per assumere, né si prende in considerazione che ci sia gente là fuori che di quei quattro soldi ha bisogno urgentemente. Nei loro discorsi (fatti in malafede) quelli che se ne avvantaggeranno sono sempre e soltanto i furbetti, il maggior numero dei quali (sottotesto) risiede a Sud, sulla fame di tanti si omette sempre con un pudore che è fuori luogo. Poi ci si chiede come è stato possibile per queste forze politiche perdere il consenso popolare, soprattutto per quello schieramento che, almeno sulla carta, doveva difendere i diritti degli ultimi. Che partito è quello che non crede nel proprio elettorato? A me certi discorsi paiono invece, già nelle intenzioni, talmente classisti, padronali, che, quando li sento parlare, mi vien voglia di recuperare falce e martello e andarli a menare sui denti.
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