venerdì 18 gennaio 2019

il giappone in valmarecchia


Più mi addentro nei suoi scritti e più mi accorgo che c'è un grosso equivoco intorno alla figura di Tonino Guerra, che lo vede schierato per la nostra critica nel ruolo di poeta contadino, poeta naive, dialettale, un istintivo di grande estro ma di non sempre mirato controllo formale. Invece andrebbe meglio studiato, anche stilisticamente, alla luce delle sue letture, delle sue frequentazioni internazionali. Anche io, all'inizio, sono stato tratto in inganno, lo pensavo un Neorealista, poi un felliniano, e per certi versi influenzato dal suo matrimonio russo. E non mi accorgevo di come Guerra abbia sempre preferito Antonioni a Fellini, che il suo rapporto con l'Est andava, attraverso la mediazione di Pound, ben al di là della Russia di Tarkowskij, arrivava in Medioriente, in Cina, infine in Giappone, al cuore stesso della loro cultura. E non capivo come sia impensabile capire la leggerezza quasi eterea dell'ultimo Guerra, i suoi tentativi di disgregazione della forma romanzo, il suo innalzare il nudo aneddoto a narrazione pura, indipendente da sovrastrutture morali, senza tener conto dello Tsurezuregusa del monaco Kenko, delle Note del guanciale di Sei Shonagon, dei diari di viaggio di Basho, opere che non solo ha letto, ma che a tratti ricalca, lasciandoci degli indizi evidenti del suo percorso letterario trasversale. Percorso che lo ha completamente isolato, a un certo punto, relegandolo nell'alveo dello stravagante cui tutto è concesso in nome della poesia (ruolo che ha evidentemente interpretato al suo meglio). Era un percorso rigoroso, invece, ma molto distante dalla nostra cultura e per questo non sempre decifrabile, o digeribile. In tal senso Guerra è uno dei pochi nostri autori (non solo cinematografici) di respiro internazionale, capace di portare con una facilità ingannevole il Giappone in Valmarecchia e la Valmarecchia in Giappone, e mi meraviglia che ad oggi nessuno studio serio (se non per poche intense intuizioni, come quella di Calvino nelle note al Polverone) abbia mai indagato gli evidenti rapporti tematici e formali (a cominciare dai disegni) da lui intessuti, nella sua opera, con l'Oriente.

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