Delle volte mi viene voglia di capire com’è che in Italia ci sono giornali o riviste o siti che si dicono compagni, o perlomeno illuminati, e dopo sette anni che pubblichiamo libri – non brutti, non inutili – ci trattano ancora da poppanti, o meglio ancora da invisibili: non un saluto, non un cenno, non uno sguardo, nemmeno distratto. “Ma dici a me?” ti rispondono se provi a contattarli. Sempre che ti rispondano. È successo persino per un libro che parla della dignità del lavoro, argomento centrale della fase 2. Il libro è uscito nel 2019, ma vale più leggere quello che ascoltare le stronzate di Renzi.
Così, pian piano perdi le speranze, un po’ ti carichi di malumori e ti dici: Mah, forse sono io che non so promuovere i miei libri, forse è quello che pubblico che cozza col mercato, forse davvero ogni spazio è saturo e strapparlo ad altri richiede un tipo di rabbia che mi manca. Forse è un po’ tutto questo messo insieme, così ti colpevolizzi oltre misura e ti passa la voglia di essere quello che sei. Fatto sta che un bel giorno di quello stesso libro sul lavoro si parla su una rivista online in Messico, la settimana dopo te lo ritrovi recensito a Pechino, dove a nessuno davvero importa nulla di te. Molto del merito è del lavoro dell’instancabile Valeria Raimondi, curatrice del volume. Ma per quanto uno cerchi di razionalizzare le cose a un certo punto ti chiedi: ma com’è possibile, ma davvero in Cina sì e in Italia non c’è mai spazio? Eh, ma tu sei invisibile! Ma Gesù, quanti editori di poesia ci sono in Italia? Cinquanta? E c'è così poco spazio che si deve sgomitare fra cinquanta? Io ci credo davvero nella dignità del mio lavoro. Ma certi giorni mi piacerebbe sapere a che età si diventa grandi in questo Paese, quando cioè ci verrà riconosciuto uno spazio semplicemente perché quello che facciamo è fatto bene, e non perché si chiedono o si fanno favori personali. La vera dignità è quella, e io per ora l’ho sfiorata, ma sfiorarla non mi basta.
1 commento:
Maoista mao
Posta un commento