Ho appena letto una discussione in cui due persone riprendevano, ancora una volta, la questione irrisolta della poesia “Non ho smesso di pensarti” di autore anonimo, ma che i più attribuiscono a Bukowski. Ricorda un po’, in minore, la storia della poesia “L'amicizia” che tutti attribuiscono a Borges (anche Matteo Renzi) pur non essendo opera dell’argentino. La cosa assurda è che a questo stadio non conta più nulla il fatto che sia oggettivamente troppo melensa per essere di Buk, e nemmeno che lo abbia dichiarato persino Simona Viciani, che è la sua traduttrice italiana: nella considerazione comune ormai “Non smetto di pensarti” si è a tal punto legata alla sua figura, che continua testardamente a riciclarsi come una delle massime creazioni dell’autore americano, fino al punto che viene da chiedersi cosa piaccia tanto della sua opera poetica, se poi per molti il suo massimo capolavoro è un apocrifo scritto da un altro. Ma guai a mettere in dubbio la cosa, si rischia di non essere creduti. Così è successo a chi ha commentato il post con la poesia: “Non è di Bukowski”; al che un altro ha risposto: “Non può essere”; “Perché non può essere?” ha chiesto il primo. “Perché è troppo bella per non essere sua”, che è il tutto e per tutto un assoluto a cui non si può rispondere con la logica, perché sconfina nella fede: se è bella è perché l’ha scritta Buk, punto. Io non ci provo nemmeno a commentarla una risposta così, perché implica tante di quelle cose sul rapporto fra pubblico e poesia e su quello fra poesia e autorialità, che ne verrebbe fuori una cosa lunghissima. La risposta, già così, parla da sé.
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