Ho letto con grande interesse due interviste di Peter Bogdanovich a Fritz Lang e Orson Welles. Pare evidente che P.B. abbia particolare affetto per questi due outsider, registi antesignani di certo cinema indipendente, che avevano un rapporto di odio/amore con la produzione cinematografica americana. Uno dei motivi di questa tensione è a sfondo razziale. Ad esempio, quando Lang propose in “Bassa marea”, uno dei suoi film minori, che il protagonista uccidesse, nel tentativo di violentarla, una serva di colore, la produzione gli negò il permesso e impose che l’uomo facesse le stesse cose a una bianca. Il problema non era che l’uomo del film violentasse o uccidesse la donna, ma che provasse desiderio sessuale per una negra. Ancora, uno dei più grossi scandali che coinvolse la carriera di Welles – quasi gliela rovinò – fu il suo invio in Brasile nel 1942 per ragioni diplomatiche, incaricato dal Governo di realizzare un documentario in tre parti, la prima delle quasi sul carnevale di Rio. Durante la sua assenza gli studi RKO presero il film che aveva lasciato in fase di montaggio, “L’orgoglio degli Amberson” e, trovandolo troppo cupo, lo modificarono radicalmente per venire incontro ai gusti del pubblico. Quando Welles si oppose agli studi dicendo di non essere stato interpellato per tali cambiamenti, gli studi gli rinfacciarono di aver abbandonato il film a metà per correre in Brasile a girare un nuovo film per suo capriccio. Lui disse di esserci stato mandato su incarico del governo, e il governo negò, alimentando la leggenda del regista inaffidabile. Perché successe? Per due motivi, primo perché nel frattempo era cambiata la situazione politica internazionale e agli Stati Uniti premevano di meno i rapporti col Brasile, e secondo perché nessuno aveva ben capito cosa fosse il carnevale di Rio e quando Welles ritornò in patria col girato, il Governo si trovò con metri e metri di pellicola – finanziati con soldi pubblici dei bravi cittadini americani – in cui venivano riprese centinaia di negri in festa. Meglio insabbiare tutto e dare la colpa all’intemperanza del regista.
2 commenti:
Bello leggere di questi grandi, che erano così grandi da potere andare contro le major, che spesso vincevano rimontando i loro film (per Welles è succeso più di una volta), ma che continuavano a cercare di fare le loro cose in giro per il mondo in libertà e cercando di sollevare lo spirito politico. Il conflitto, cosa importante che si è persa in buona parte.
è vero, confortanon come esperienze, anche se secondo me loro l'hanno vissuta con uan certa frustrazione
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