venerdì 4 marzo 2022

les carabiniers

Ho appena finito di vedere quello che, almeno per i miei gusti, è uno dei più bei film di Godard dei Sessanta, l’assai sottovalutato Les Carabiniers del 1963. Realizzato in appena tre settimane, al contrario di altri suoi film ha una trama solida, probabilmente perché adattato da un testo teatrale insieme a Roberto Rossellini e Jean Gruault. Girato in un efficace bianco e nero sporco, il film è chiaramente debitore tanto di Brecht, soprattutto per l’uso delle didascalie, quanto di certo cinema neorealista e per certi versi ricorda il primo Pasolini. Non ha però una trasposizione in italiano – si può vederlo solo in francese coi sottotitoli – perché l’arma dei Carabinieri all’epoca si sentì offesa dall’adattamento di Rossellini e da come si vedevano rappresentati. Una cosa simile era già capitata cinque anni prima con La grande guerra di Monicelli, che ha qualcosa di simile nel soggetto, quando l’esercito si ritenne offeso dall’immagine che se ne dava e pretese un riscatto finale dei due protagonisti. Ma nemmeno in Francia il film andò bene, tanto che Godard corse ai ripari girando immediatamente Il disprezzo attraverso cui riprese quota al botteghino mostrando il culo della Bardot, insieme a quel genio di Fritz Lang e a Villa Malaparte. Di cosa parla il film di Godard? Di due poveracci che vivono nelle baracche con le loro compagne e vengono arruolati dai carabinieri (fucilieri) del re con la promessa di potersi facilmente arricchire in guerra, attraverso il saccheggio. Quando vanno in guerra uccidono, stuprano, rapinano senza il minimo rimorso, ma quando tornano a casa sono più poveri di prima. Allo scoppio di una rivoluzione vengono ammazzati, proprio dai carabinieri, per ordine del re. Rispetto a quello di Monicelli in questo caso non c’è nessuna maturazione o riscatto personale: i due protagonisti sono degli imbecilli amorali che non solo vengono abbruttiti dalla guerra, ma muoiono senza nemmeno capire il male che hanno fatto. Ragion per cui il film all’epoca venne letteralmente stroncato dalla critica che rinfacciò a Godard – ingiustamente – di aver semplificato la guerra e per questo offeso le sue vittime. Il pubblico, in ogni caso, preferì Il disprezzo.

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