Ho
appena finito di vedere quello che, almeno per i miei gusti, è uno dei
più bei film di Godard dei Sessanta, l’assai sottovalutato Les
Carabiniers del 1963. Realizzato in appena tre settimane, al contrario
di altri suoi film ha una trama solida, probabilmente perché adattato da
un testo teatrale insieme a Roberto Rossellini e Jean Gruault. Girato
in un efficace bianco e nero sporco, il film è chiaramente debitore
tanto di Brecht, soprattutto per l’uso delle didascalie, quanto di certo
cinema neorealista e per certi versi ricorda il primo Pasolini. Non ha
però una trasposizione in italiano – si può vederlo solo in francese coi
sottotitoli – perché l’arma dei Carabinieri all’epoca si sentì offesa
dall’adattamento di Rossellini e da come si vedevano rappresentati. Una
cosa simile era già capitata cinque anni prima con La grande guerra di
Monicelli, che ha qualcosa di simile nel soggetto, quando l’esercito si
ritenne offeso dall’immagine che se ne dava e pretese un riscatto
finale dei due protagonisti. Ma nemmeno in Francia il film andò bene,
tanto che Godard corse ai ripari girando immediatamente Il disprezzo attraverso cui riprese quota al botteghino mostrando il culo della
Bardot, insieme a quel genio di Fritz Lang e a Villa Malaparte. Di cosa
parla il film di Godard? Di due poveracci che vivono nelle baracche con
le loro compagne e vengono arruolati dai carabinieri (fucilieri) del re
con la promessa di potersi facilmente arricchire in guerra, attraverso
il saccheggio. Quando vanno in guerra uccidono, stuprano, rapinano senza
il minimo rimorso, ma quando tornano a casa sono più poveri di prima.
Allo scoppio di una rivoluzione vengono ammazzati, proprio dai
carabinieri, per ordine del re. Rispetto a quello di Monicelli in questo
caso non c’è nessuna maturazione o riscatto personale: i due
protagonisti sono degli imbecilli amorali che non solo vengono
abbruttiti dalla guerra, ma muoiono senza nemmeno capire il male che
hanno fatto. Ragion per cui il film all’epoca venne letteralmente
stroncato dalla critica che rinfacciò a Godard – ingiustamente – di aver
semplificato la guerra e per questo offeso le sue vittime. Il pubblico,
in ogni caso, preferì Il disprezzo.
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