«Quando avevo ventitré anni giravo per Los Angeles con Tom Waits. Percorrevamo la Highway 1 nella sua nuova Thunderbird 1963. Con i miei capelli biondi che volavano fuori dal finestrino ed entrambi sudati sotto il sole estivo, l’alcol filtrava dai nostri pori e l’odore di sesso impregnava ancora i nostri vestiti e i nostri capelli. Ci piaceva il nostro odore. Non ci lavavamo così spesso come avremmo potuto. Eravamo innamorati e io non ero interessata a lavare via nulla di tutto ciò. Alla fine dell’estate ci scambiavamo idee per canzoni. Ma ci scambiavamo anche qualcosa di più profondo. L’un l’altro. Tom aveva due tatuaggi sul bicipite. Gli piaceva indossare gli accessori vintage della mascolinità: cappelli da marinaio e scarpe a punta Bernardo. Più cercava di nascondere la sua tenerezza, più rivelava una natura scontrosa e infantile. Lo adoravo. Era il mio re. A letto era il più grande leone del mondo. Intendo dire che Tom non si atteggiava mai d'esserlo. Poi, all'improvviso, a novembre, abbiamo smesso di vederci».
Da Last chance to Texaco (Grove Press, 2021). La Jones dà subito ai fan quello che vogliono e liquida la storia con Tom Wais in dieci righe all’inizio del primo capitolo, fra pagina 3 e pagina 4, poi non lo nomina più per circa 270 pagine, quando racconta del loro primo incontro che ha ispirato una delle sue canzoni più belle (quella che dà il titolo al libro) e racconta perché si sono lasciati: lei era una tossica e lui un alcolizzato, una relazione altamente distruttiva a cui fu lui a dare un taglio per evitare il peggio, ma spezzandole il cuore. In mezzo il lunghissimo viaggio per arrivare ad essere una donna e un’artista senza pari.
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