E da stamattina che vorrei non pensarci, ma continuo a pensare che questo atteggiamento che vedo sempre più diffuso, per cui si pretende prima a tutti i costi, con modi assai aggressivi e sempre in gruppo, che una persona che non vuole esprimersi su una questione che la tocca nell’intimo, Liliana Segre nello specifico, si esprima contro qualcuno che noi riteniamo odioso e inaccettabile, mettendo in pubblica piazza le proprie opinioni su sionisti o ebrei, o come li volete li chiamate, e prendendo distanza e facendo pubblica ammenda per le loro colpe – anzi, implicitamente dicendole: se sei ebrea “tu più degli altri” devi scusarti per le colpe del tuo popolo – sposando in toto la nostra linea di pensiero che è l’unica per noi ammissibile; e quando lei si esprime e non sposa, a torto o a ragione, la nostra linea di pensiero, la insultiamo pesantemente, con tono aggressivo e sempre in gruppo, perché ci ha finalmente dimostrato – ma noi non aspettavamo altro! – di essere anche lei sbagliata come tutti quelli del “suo” popolo; io continuo a ritenerlo un atteggiamento profondamente bullista – per non usare quell’altra parola che ormai la infilano dovunque anche a sproposito. Altro che il volterriano: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Quella ormai è ucronia. Qualche anno fa avrei potuto pensare che tanta rabbia fosse qualcosa di legato alla profonda commozione per il momento storico, ma ormai non ci credo più: quello che è toccato alla Segre lo facciamo con chiunque, a ogni momento, e senza più distinguere le cause – va bene chiunque, dalla Meloni ad Amadeus alla Murgia, salvo rivoltare il calzino a seconda del capriccio del momento – per cui io vedo solo un atteggiamento diffuso che puzza di cancrena e che ha molti punti di contatto con le epurazioni dei vecchi regimi, qualcosa di molto simile alla rivoluzione culturale cinese, dove i “nemici del popolo” venivano pubblicamente umiliati. Mi manca tanto Orsini, a questo punto, di cui non condividevo le idee, ma almeno era una persona civile, che faceva dei discorsi invece di partire col rutto libero da stadio. Nel giro di due anni Orsini è sparito e siamo passati, come santino della libertà di pensiero da rivendicare, da Orsini a Rubio, uno che un secolo fa si sarebbe messo con orgoglio la camicia nera – i modi almeno sono quelli – e io la trovo, in barba a pace e libertà, una bella caduta di stile.
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