È inutile, io più divento vecchio e meno reggo il Salone del Libro e situazioni simili. So che a qualcuno piace oltremodo perché è effettivamente divertente (per una giornata in gita), ma c'è pure chi lo definisce un tempio della cultura e lì ci andrei piano. Il simbolo maggiore di cosa è diventato o sta diventando il Salone per me lo dà la mappa ai padiglioni e agli stand, da cui mancano completamente i nomi degli editori, sostituiti dalle pubblicità, tutte di alto profilo intendiamoci, ma che la rendono una tovaglia colorata e perfettamente inutile se non puoi abbinare un nome al quadratino giallo che rappresenta lo stand. I telefoni ieri erano in tilt per un sovraccarico della rete, per cui senza internet e senza mappa la gente si aggirava sperduta per i corridoi, e questo non è stato un gran servizio né per i lettori né per gli editori, soprattutto quelli più piccoli che hanno bisogno di essere cercati, perché non hanno gli stand sovradimensionati dei big. Molti di loro qui si sentono carne da macello, sacrificati all'evento spettacolare da cui non ci si può sottrarre, ma senza voce in capitolo, anche se pagano pure l'aria che respirano per essere qui (qualcuno recuperando le spese e qualcuno no) e senza nemmeno ricevere troppa attenzione o rispetto nel modo in cui vengono serviti per quello che pagano. Questo ovviamente dietro le quinte della gran festa che viene dipinta dalle storie su IG. Io ieri ho trovato un Salone molto caotico, bulimico e a tratti respingente — come quando sono andato a sentire Stefano Dal Bianco e mentre leggeva delle poesie la sua voce era coperta dal rumore, un continuo frastuono che sembrava venuto fuori da un film di Antonioni e che poi è stato sostituito dalle canzoni sarde che arrivavano dallo stand di fronte, altro che Paradiso — se non per il fatto di avervi ritrovato vecchi amici che non vedevo da anni, da quel punto di vista menomale che c'è il Salone. La parola più ascoltata però non è stata cultura né libro, ma fila: quella lunghissima per i bagni. Aldo Nove qualche giorno fa ha scritto che trova assurdo che ci sia gente che paghi il biglietto per entrare al Salone a comprare libri invece di andare in libreria. Ecco, ieri una mia amica libraia, dall'unica libreria indipendente che in otto anni che ci lavoro mi fa puntuali rendiconti trimestrali, mi ha detto che sta lottando per non chiudere. Il mio abbraccio più grande va a lei.
Nessun commento:
Posta un commento