Siamo seduti nell’aia, poco prima del buio. Parliamo quasi senza guardarci, due voci sotto i fari. Formigoni mi dice: son vecchio, spero ormai di farcela a ridare al teatro quanto mi ha dato. Gli dico: hai dato tanto al teatro anche tu. Ma lui mi risponde: non basta, non basta mai, perché il teatro a me ha dato tutto. Tutto. E si guarda le punte delle mani fredde, manomesse, sconsolato. C’è solo da accettarlo, gli dico, quando il corpo cede al tempo, la lucida rassegnazione diventa un’arma. Sto provando coi rimedi naturali, aggiunge lui, come per svagarsi dal pensiero. Fai bene, gli dico, e gli racconto di uguali rimedi usati da mio nonno che è morto quasi a cento. Sentirlo lo rincuora, lui che ne ha venti di meno e progetti senza alcun termine. Mi dice che c’è ancora da lottare, per i teatranti, per i poeti. C’è da insistere, insistere e non fermarsi, recitare, ripetere, perché solo i testardi vincono le loro battaglie. Gli racconto ancora di mio nonno. Godeva di ogni attimo, anche vuoto, come se fosse il più prezioso. È vero, mi dice, anche io l’altro giorno son stato al mare, ed era così bello, così intenso, che il sole mi ha ferito il cuore, e mi son detto basta, è l’ultima volta che lo vedo. Lo preserva per sempre, adesso, nella sua perfezione. Mi congeda, dunque, con affetto. Dottor Lillo, ci siam detti tutto.
1 commento:
Grazie Lilluzzo
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