Preferisco l'editoria a pagamento ai concorsi a pagamento. La prima alla fine, se fatta bene, è un lavoro basato sullo scambio. Ma i secondi che sono? Un tiro alla roulette? Sgancia 20 euro di iscrizione, o di spese di segreteria, e poi se ti va bene forse vinci. Io sarò ottuso ma la vedo così: se non puoi farlo non lo fare. Se puoi farlo ma hai poco da dare, dai quello che puoi, sarà apprezzato il tuo impegno. Io faccio così, almeno. Offro la pubblicazione, dono il mio tempo. Se ti va bene ok, ma se vuoi guadagnarci dei soldi dalla poesia forse fai prima a zappare la terra. Ci sono alcuni concorsi che grattano il nome dei poeti morti. Altri che si agganciano a testimonial di eccezione. Alda Merini docet, ma non solo. Sono grandissimi poeti, chi lo nega? Ma per me non ci guadagnano una briciola di dignità in più mettendo la faccia ai concorsi di poesia a pagamento. Sarebbe stato più carino, a questo punto, fare la pubblicità alle catene di negozi e alle lavatrici, come fece Tonino Guerra un po' di tempo fa. Molti si indignarono, ma almeno lo sapevi che cos'era, era un discorso (per certi versi) onesto. Non so come dirlo meglio, ma un poeta dovrebbe dire: usa 20 euro per comprare dei libri, non usa 20 euro per tentare il gratta e vinci. Chi pubblicizza un concorso a pagamento, boh, non lo so cos'è ma di sicuro non è una lavatrice. Non mi sa di pulito.
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