giovedì 15 dicembre 2016

poesia in bignami


Michele Mari mi sta simpatico, lo confesso, anche se non è il mio autore italiano preferito, diciamo così (mi piace meno di Siti ma molto più di Moresco). Condivido con lui il giudizio sui postmoderni americani (Foster Wallace, De Lillo, Pynchon): illeggibili. E anche io come lui preferisco Steinbeck a Faulkner, anche se i miei miti (non solo miei) continuano a essere Salinger, Hemingway e Fitzgerald. Però allo stesso modo, proprio come lui, ritengo Cento poesie d'amore a Ladyhawke un libro minore, non solo fra i suoi (per quanto sia il suo più venduto, 20.000 copie circa), ma anche come libro di poesia. E il fatto che venda più di De Angelis (1.000 copie circa a libro), a parte che De Angelis è il corrispettivo italiano di De Lillo, succede perché il suo è un libro di poesia in bignami. Bellino, abbastanza profondo da non doverti vergognare di leggerlo o di citarlo, ma anche abbastanza semplice da non metterti mai in difficoltà, da non porti domande. Lui però lo riconosce per primo, e di questo gli devo rendere merito.

2 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Bel commento a una bella intervista, a tratti anche molto divertente (l'idea mariéana del paradiso come un'eterna DDR sotto Honecker).

Divagando, condivido la noia per Milo De Angelis, che dev'essere il poeta italiano più imitato dei nostri tempi, proprio perché imitarlo bene è avvilentemente facile, ma non quella per De Lillo, Wallace e Pynchon. E a questo proposito, osservo che, De Lillo no e forse neanche Pynchon, ma sicuramente Wallace deriva da Seymour: An Introduction – come dubitarne?

Tchao

lillo ha detto...

non ne dubito, anzi, mi sa che hai ragione tu. quello è in effetti il racconto di salinger che ho fatto più fatica a leggere, anche se mi rendo conto che era molto avanti per certi versi. e wallace mi affascina e mi respinge allo stesso tempo...