L’altro giorno leggevo Intercity, meravigliosa poesia di Lello Baldini che dà il titolo e conclude la sua ultima raccolta. La poesia col suo solito taglio svagato e fintamente leggero, racconta il tentativo fallito di un uomo di organizzare un viaggio coi suoi amici: l’uomo alla fine prende il treno da solo per accorgersi che sull’intero convoglio c’è solamente lui, unico viaggiatore di quell’ultimo viaggio che chiude il suo lavoro e la sua vita. È il rovesciamento parodico, a mio avviso, della più conosciuta delle poesie di Giorgio Caproni, Congedo del viaggiatore cerimonioso, in cui alla fine di un lungo viaggio in treno, assieme una variegata compagnia di persone che condividono lo scompartimento, il protagonista li saluta uno per uno prima di scendere, perché giunto a destinazione. Per certi versi è una citazione pungente, visto che fu proprio Caproni, quando Baldini vinse il premio Viareggio nel 1988, a contestare quella vittoria, dichiarando che quella usata da Baldini era una lingua “ignota”. In questo caso, la poesia ignota di Baldini è ancora più amara di quella del rivale. Di fronte all’accettazione fatalistica, già quasi nichilistica di Caproni, l’ultimo viaggio di Baldini ci dice che nessuno potrà mai capire com’è indirizzarsi alla morte, perché nella nostra vecchiaia, per quanto rassegnata possa apparirci, noi siamo soli, completamente soli, privati persino di un capotreno, o del macchinista, e per questo, nella sua incapacità di comprendere quella corsa vana verso il nulla, quello spreco – «sono diventati tutti matti? un treno solo per me?» – è il commiato comico di una disperazione insanabile per il destino dell’uomo.
A parte i due sopra citati, un altro libro che ho letto sui viaggi in treno come "vuoto a perdere" è La vicevita di Magrelli. Mi chiedevo, ce ne sono altri nella poesia italiana? E se sì, me li potete indicare?
Nessun commento:
Posta un commento