Ho sul comodino da alcune settimane questo libro che ha scritto una mia amica, Amanda Bonaconsa, una raccolta di micro-racconti chiamata Alieni allo specchio (ed. Tre Civette, 2019). Stamattina ne ho letto uno che mi ha fatto ridere un sacco. Nel racconto un professore come tanti, di quelli che prova a darsi da fare in una scuola disastrata, viene scelto a sua insaputa, ovvero con la complicità del preside, come cavia di una ditta giapponese che costruisce robot umanoidi, a cui serve qualcuno su cui testare un nuovo prototipo chiamato “Studentessa tentatrice”. La studentessa, una piccola Lolita dallo sguardo torbido, lo seduce inviandogli delle appassionate poesie d’amore. Lui prima le oppone la ragione, poi si lascia andare al sentimento, infine viene salvato dal caso, poco prima di capitolare ai propri istinti e farla sua sulla cattedra, quando la studentessa robot viene ammazzata proprio da una poesia, un haiku giapponese sulla fine della primavera – ovvero, azzardo, sull’entrata nell’età adulta – che le provoca un “malfunzionamento” interno, mandandole in corto il sistema. Chiusa con morale del racconto, così come appuntato dal suo protagonista: “Un incaricato della ditta venne a ritirare il prototipo. La poesia mi aveva salvato, ma faccio sogni agitati da allora”.
3 commenti:
Grazie Lilluzzo, tu sai chi era il professore cui era dedicato il racconto vero? 😁
PS le tre civette non esistono, o forse sì, fan l'amore con la figlia del dottore
...diciamo che più che altro lo sospetto :D
Posta un commento