Ieri sera ho scoperto, parlando con una amica che ci ha avuto a che
fare per un libro, che una casa editrice di media grandezza e
considerata di assoluta qualità editoriale, anzi fra quelle di maggiore
qualità in Italia, per la collana di poesia – non so per le altre – si
fa pagare la pubblicazione dagli autori, e non chiede nemmeno poco,
anzi. All’inizio mi è caduto un mito, poi ho pensato alle tante
contraddizioni di questo mondo, per cui da una parte ci sono piccoli
editori “morali” che non chiedono nulla agli autori, ma che poi scopri
non pagano i collaboratori o, per andare avanti, sfruttano il lavoro
degli stagisti; e dall’altra ci sono i medi editori “immorali” perché
chiedono soldi agli autori, però con quei soldi ci pagano i
collaboratori e la redazione, danno da mangiare a delle famiglie, e non
so dire chi abbia più ragione o chi torto dei due. Stronzate, mi dice la
mia amica, il segreto per pagare le famiglie, è comportarsi da editore e
pubblicare i libri giusti, niente più poesia ma solo roba che vende:
così si pagano gli stipendi. Poi certo, ci sono i casi clinici, gli
editori “eroici” o “folli” perché sono soli come cani e quando muoiono
ti accorgi che portavano la stessa barba, gli stessi occhiali, lo stesso
paio di pantaloni rappezzati da vent’anni, non avendo soldi nemmeno per
cambiarsi. Ma io quando mi immagino che finirò così mi viene pietà di
me, infinita pena e angoscia, e allora confesso di sperare anch’io di
passare, prima o poi, in serie B, al lato oscuro della forza. Soltanto
per vedermi cambiato.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
venerdì 11 settembre 2020
pietà di sé, infinita pena e angoscia
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Ecco
Posta un commento