martedì 15 dicembre 2020

malerba

Credo che il più bel libro in prosa che ho letto nella seconda metà del 2020 sia stato La scoperta dell'alfabeto di Luigi Malerba che, faccio mea culpa, conoscevo pochissimo. Il punto è che si fa tanto per andare sempre a citare gli americani e i russi, i sudamericani, gli orientali, o più semplicemente quelli che vanno a vivere in città, come per riceverne l'avallo di una apertura e di una liberazione dal nostro sbandierato provincialismo. E poi ti accorgi che bastava andare in direzione opposta, alle radici stesse del provincialismo, nella campagna più aspra e cruda, per capire come la solitudine può farsi sangue e carne, favola e follia. Quel posto che ciascuno di noi porta nel cuore come una ferita e una molla, e che per qualcuno sta nelle Langhe, per qualcun altro in Irpinia, per qualcuno in Lucania e per Malerba sull'Appennino.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Tonio,

è molto curioso come questa tua osservazione non faccia altro che confermare ciò che è scritto su alcuni articoli letti sgli inseri culturali del corriere ( La Lettura) e della Repubblica ( Robinson): si mette in risalto che l'unico grande scrittore italiano nato in una grande città sia stato Manzoni, tutti gli altri in provincia, come a dire che solo in provincia, nelle campagne vengono forgiati gli scrittori e i poeti,

Michele Lenzi

lillo ha detto...

ah boh, questo non lo direi con tale sicurezza, però va detto anche che se togli milano, roma e napoli, non credo ci siamo poi queste grandi città in italia, il resto mi pare sia tutta provincia...