Credo che il più bel libro in prosa che ho letto nella
seconda metà del 2020 sia stato La scoperta dell'alfabeto di Luigi
Malerba che, faccio mea culpa, conoscevo pochissimo. Il punto è che si fa tanto
per andare sempre a citare gli americani e i russi, i sudamericani, gli
orientali, o più semplicemente quelli che vanno a vivere in città, come per
riceverne l'avallo di una apertura e di una liberazione dal nostro sbandierato
provincialismo. E poi ti accorgi che bastava andare in direzione opposta, alle
radici stesse del provincialismo, nella campagna più aspra e cruda, per capire
come la solitudine può farsi sangue e carne, favola e follia. Quel posto che
ciascuno di noi porta nel cuore come una ferita e una molla, e che per qualcuno
sta nelle Langhe, per qualcun altro in Irpinia, per qualcuno in Lucania e per
Malerba sull'Appennino.
2 commenti:
Ciao Tonio,
è molto curioso come questa tua osservazione non faccia altro che confermare ciò che è scritto su alcuni articoli letti sgli inseri culturali del corriere ( La Lettura) e della Repubblica ( Robinson): si mette in risalto che l'unico grande scrittore italiano nato in una grande città sia stato Manzoni, tutti gli altri in provincia, come a dire che solo in provincia, nelle campagne vengono forgiati gli scrittori e i poeti,
Michele Lenzi
ah boh, questo non lo direi con tale sicurezza, però va detto anche che se togli milano, roma e napoli, non credo ci siamo poi queste grandi città in italia, il resto mi pare sia tutta provincia...
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