È
vero, come dicono, che l’ultima produzione di Monicelli non è più
all’altezza dei suoi anni d’oro, eppure a tratti riesce ancora a stupire
per qualche elemento di novità o scena di grande bellezza. Ad esempio,
non ne ho trovato scritto da nessuna parte, ma in Cari fottutissimi
amici del 1994 credo di aver visto la prima rappresentazione
cinematografica dei partigiani non come buoni o cattivi, ma come sadici.
Nel film si parla di questo gruppo di scalcagnati boxeur toscani che
campicchiano esibendosi in provincia, nei mesi della liberazione, in
cambio di cibo. Raccolgono per strada una ragazza e accettano di
accompagnarla al pranzo di matrimonio di un noto capo partigiano che ha
nascosto durante i rastrellamenti, ma arrivati lì la ragazza gli
rinfaccia davanti a tutti di averla sedotta e abbandonata e prova a
lanciargli contro una bomba a mano, senza però ferire nessuno. I
partigiani prendono l’intero gruppo, terrorizzato, e li mettono al muro
per fucilarli come traditori, ma all’ultimo minuto sparano per aria e li
cacciano in malo modo, dicendo loro di ringraziare perché il capo
partigiano ha trovato “una moglie spiritosa”. È una scena comica solo a
parola, che anzi viene stemperata da soluzioni comiche perché invece è
molto cattiva, al punto da rimandare all’altra grande fucilazione del
cinema monicelliano, quello in chiusura della Grande Guerra da parte dei
soldati austriaci. Mi verrebbe da dire che l’ambientazione non è stata
scelta a caso, perché solo dei toscani possono essere così sadici, se i
partigiani fossero stati piemontesi li avrebbero ammazzati e basta,
senza fantasia, se fossero stati napoletani avrebbero finito per
invitarli a pranzo. Ma non è nemmeno l’ultima delle disavventure di
questi poveri cialtroni nel loro sforzo di sopravvivere. Alla fine si
ritrovano ingannati, derisi e derubati da tutti: dai soldati
angloamericani venuti a liberarli, dai partigiani italiani, dalle
fidanzate rimaste a casa e che ritrovano incinta di un altro, persino
dai loro stessi amici: ma è proprio qui, nell’ultima scena, quando sono
completamente a terra, derubati persino del loro camioncino, che questi
sventurati cominciano a menare pugni all’aria e a boxare con la propria
ombra, ed è questa l’ultima scena di grande poesia del cinema di
Monicelli.
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