Autore mi chiama al telefono e si presenta osservando che è così raro trovare un editore che mette il suo numero sul sito che non credeva gli avrebbe risposto nessuno. Mi dice, senza nessun imbarazzo, che gli sarebbe piaciuto propormi una raccolta, ma è malato, ha una malattia neurodegenerativa e non sa se ce la farebbe a vederla pubblicata, per cui mi chiede se mi va almeno di ascoltare le sue poesie al telefono, solo per sapere se valgono qualcosa e se, con un po’ più di quella fortuna che gli manca, gliele avrei pubblicate. – Ma io adesso come faccio a dirglielo se mi sembrano brutte? – Mi aspetto un certo grado di onestà da uno che mette il suo numero sul sito. – Così mi siedo, e ascolto al telefono quest’uomo che, con la voce così roca e stanca che dopo un po’ fa male, mi legge una dietro l’altra una decina di poesie dedicate a sua figlia, in cui le chiede scusa di qualcosa. – È tutto ciò che si salva della mia vita. – Sono belle, gli dico. – Dice che sono belle? – Io dico di sì. – Questo mi basta, non la disturbo oltre. Posso salvare il suo numero? Così posso dire a mia figlia che un editore mi ha detto che le mie poesie sono belle, e se non mi crede le dirò di chiamarla. – Va bene, faccia pure. – Sa che lei è stato il primo editore che mi ha risposto? – Perché, finora quanti ne ha chiamati? – Lei è stato il primo. – Vede, poi dice che non è fortunato. (Ride).
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